E uno di quei giorni in cui dirigersi lì, giù per quel viottolo scivoloso, slalomista gigante, fra porte di legno
Sentire il calpestio dei piedi che spezzano piccoli rami o che schiacciano rosse foglie secche
Girarmi di scatto e guardare in alto, attirato da un rumore simile sugli alberi
Arrivare a quella radura laggiù, stranamente rettangolare, come se avessi affittato spazio per la mia tenda
Puntellare i quattro angoli, come sempre farmi male, come sempre dire devo stare più attento
Alzare il sipario della tenda, guardando oltre la platea spigolosa dei monti
Poi sedermi sulla solita roccia senza spada, ma che è capace di fendere il mio inconscio non appena avvertito il mio peso
Giocare con il sole, chiudendo gli occhi dicendo un due tre stella, riaprirli e scoprire che si è mosso, verso il retro della platea spigolosa
Sentire il calore smorzarsi e muovere le mani come per accartocciare fogli immaginari
E così raccogliere a dita nude un po' di tronchi per il fuoco, come sempre farmi male, come sempre dire devo stare più attento
Mettere le mani davanti alle fiamme, in quella strana posizione come se si dicesse alla vampa aspetta un attimo, ferma tutto, calmati con me
Stare un po' qui
Dove non prende nemmeno una tacca
Stare un po' qui
Dove prende solo la tregua
Armistizio fra avvenuto e avvenire