Così va in archivio questa maledetta estate senza Palio (e speriamo che sia stata l’ultima volta) e, come diciamo a Siena, da oggi, 17 agosto, comincia l’inverno. Attrezziamoci.
No, non parlo ovviamente di attrezzarci con i maglioni e le sciarpe, che per quelli c’è ancora tempo: parlo dell’attrezzarci mentalmente. In archivio, con l’estate ci va il Palio e ci deve andare tutta l’amarezza che ha scandito ogni giorno senza di esso. Ci vanno le feste titolari vissute in una forma stralunata e castrata che ha lasciato graffi nell’anima. Anche quelle che ancora devono esserci, ma i cui graffi hanno già un effetto post-datato, fin quando con l’ultima bandiera dell’Aquila che si arrotolerà sarà concluso tutto.
Ora ci aspetta l’inverno mentale di una città che avrà smaltito anche la sua terapia di soluzione fisiologica paliesca, ancorché, nel caso attuale, in forma di placebo, e dovrà affrontare di petto i problemi che si stanno profilando all’orizzonte.
Uno prima di tutti gli altri.
La consegna del Premio Mangia agli operatori della sanità, due giorni fa, è stata una metafora del “fin qui” e del “da ora in poi”. Siena se l’è cavata meno peggio di altre realtà durante l’epidemia invernale di Covid 19; non sono mancati i lutti, purtroppo lo sappiamo, ma poteva andare anche peggio. Merito del lockdown, certo. Ma qui cominciano le inquietudini.
Non possiamo farci illusioni: con l’autunno il virus si ripresenterà, ma, mentalmente, irrazionalmente, incoscientemente, siamo tutti, nel nostro inconscio, convinti che il peggio sia passato.
Non è vero. E siccome non è vero, preoccupano le possibili conseguenze di vacanze fatte in Paesi a rischio; preoccupano le conseguenze di comportamenti giovanili (comprensibili, ma non per questo accettabili) privi di ogni forma di prudenza; preoccupano gli abbassamenti (generalizzati) dell’attenzione e della prevenzione.
Se una volta è andata (relativamente) bene, non è detto che tutto fili liscio quando (non dico “se”, dico “quando”) il virus si ripresenterà: il fattore BdC non è una risorsa rinnovabile, e quando finisce sono guai. Se abbassiamo la guardia faremo come le squadre mediocri e senza carattere che perdono la partita negli ultimi minuti o nel recupero.
Adesso cominciamo a concentrare le riflessioni su questo; a tenere alta la vigilanza. Anche perché quando il Covid 19 ricomincerà a fare il matto, se si verificheranno situazioni come quelle dell’inverno, non sarà facile gestirle. Non è pensabile un nuovo lockdown generale in un Paese che, con il primo, ha già sprofondato il suo PIL a quota -13. Una replica significherebbe il totale collasso economico finale, e siccome non ce lo potremo permettere (né noi né nessun altro) vorrà dire che, in caso di emergenza, si dovrebbe ricorrere a lockdown parziali e mirati. L’economia ne soffrirà di meno, ma le persone rischieranno parecchio, ma parecchio, di più. Forse la filosofia con la quale si gestirà un’eventuale nuova criticità non sarà ispirata al concetto di “immunità di gregge”, ma lasciatemi dire che, a mio parere, ci si andrà parecchio vicino. Ma l’immunità di gregge lo sappiamo quali costi umani ha.
Se il Palio che ci è mancato quest’anno lo vorremo vivere nella forma usuale fra un anno, investiamo in assennatezza e non facciamo i ganzoni, perché la “normalità” ancora non è arrivata. E non sappiamo nemmeno quanta strada le rimanga ancora da fare.