E siamo finalmente giunti alla tanta agognata Fase Due che somiglia a tutti gli effetti a una partita di Gobbo Nero: qualcuno ce l’ha, nessuno sa chi, ma devi pescare e, quando peschi ti va via ogni volta un mese di vita.
Ci hanno finalmente consegnato le mascherine e se Dio vole perché era una vergogna non potersi tutelare!
E ora che ognuno finalmente dispone di almeno cinque o sei dispositivi di protezione individuale a testa (quelli bravi dicono dippiai … tecnici, siamo diventati tecnici!) li indossa ovunque, tranne che sulla bocca: il modello pendente si porta a un solo orecchio, particolarmente diffuso tra gli adolescenti; il modello girocollo si indossa calato sotto la pappagorgia, soci della Tuberosa docet; il modello fòla si indossa nella posizione corretta solo perché si possa vedere la fantasia; il modello anni Novanta si indossa sulla fronte, esattamente come se fossero quei terribili occhiali a fascia. Tolti i modelli fòla, i detentori di mascherina che la indossano correttamente vengono guardati con diffidenza: ce l’avesse davvero?! Per salutarsi per strada la mascherina si scosta, perché sta male sennò. Quelli che si beccano il Covid “perché sta male sennò” disporranno di una categorizzazione particolare e, durante il bollettino (che non va più di moda), si parlerà dunque dei “malati del giorno”, “i guariti del giorno”, “i deceduti del giorno” e dei “malati perché sennò stava male del giorno”.
Si fa la fila per tutto, anche per legarsi una scarpa. Tranne certi duri che ti sfilano addosso (Dio li diacci), abbiamo imparato a tenerci a distanza come due parti di calamita a poli identici. Quando troviamo un amico per strada c’è tutto un balletto da fare per disporsi a salutarsi che somiglia alla pesta delle uova o al ballo del qua-qua.
Ci siamo finalmente ricongiunti ai nostri parenti e subitamente ricordati perché non avevamo nessuna voglia di vederli prima di diventare romantici. Dunque, ora che li potremmo vedere, siamo costretti ad accampare scuse su scuse per evitarli.
I ragazzi piccini sono ancora tutti a casa. La ministra, detta anche Sabina Guzzanti, dice se ne riparla a settembre e dunque a casa è tutto un “maestra mi senti?”, “maestra io non ti vedo”, “maestra Ciccio Pasticcio si è scollegato”. I lecchini sono l’unica cosa che è sopravvissuta della didattica classica. I genitori che riescono a rimanere a casa sono costretti a confrontarsi con i rari ricordi di scuola e a fare i compiti insieme ai ragazzi. Un mio amico laureato dopo averli fatti se li fa ricontrollare dalla moglie.
Le coppie nate durante la Fase Uno si stanno sfaldando: calato l’effetto “nessuno ci dividerà”, stanno cominciando a chiedersi chi gliel’ha fatto fare.
I ciclisti e i runner (una volta noti come “quelli che corrono”) ora si aggirano con aria di sfida e occupano il centro della corsia con sfrontata sicurezza guardando torto tutti, anche quelli che non hanno mai avuto smanie da vigilantes e che ritenevano dubbi i costumi delle loro madri già da prima della pandemia.
Il Comitato Amici della Fase Uno e l’Associazione Vigilantes Senesi ha pubblicato l’album “Figuriamoci l’Assembramento”: le figurine più rare sono la numero 47 “Assembramento al mercato in Fortezza”, la numero 25 “Consegna delle chiavi al sindaco dei ristoratori”, e la numero 78 “Il famigerato aperitivo in Piazza”. Per i doppioni sentite le vostre edicole di fiducia. In città regna lo scetticismo. Passando l’altro giorno da Piazza del Mercato, ho sentito partire da una di quelle finestre che si trovano a livello della strada un “sie!” laconico. “Sie” è la parola d’ordine di tutti noi. Unica, eguale tempra di scoglionatissimi cuori.
Ci hanno tolto il giochino.
Tutti ce lo aspettavamo, ma il frontino, quando arriva, non è che fa meno male perché lo hai visto arrivare. Dalle colonne dei quotidiani locali la notizia è rimbalzata sui nazionali dove, complice l’intervista della Brambilla (ritratta in una foto di famiglia), folle di animalisti della prima ora si sono riuniti sotto un coro unanime: finalmente! L’unica cosa buona della pandemia. Grazie a Dio i gazzilori che in genere ci si mettono a picca a dimostrazione della propria senesità, stavolta, erano in tutt’altre faccende affaccendati e, tuttavia, la notizia moltiplicata ha portato orde di amici e colleghi barbari a volervi testimoniare la propria vicinanza. Quelli che vi vogliono bene vi hanno mandato un messaggio di empatia, quelli che vi vogliono male vi hanno sbeffeggiato, tutti, comunque, abusando di quel lessico barbarico che li marca a fuoco “ma tanto non partecipava la Contrada per cui tifi”, “ma neanche gli sbandieratori?”, “guarda … dopo la sospensione del Campionato, posso solo immaginare come stai dopo questa notizia”. Poracci.
La notizia della sospensione del giochino ha allertato anche le forze dell’ordine dell’urbe che, gira voce, si accostino ai capannelli per capire di cosa si sta parlando, forse temendo una seditio. La gente giustamente ci sforma, è a tutti gli effetti una limitazione delle proprie libertà personali. E tuttavia vi esorto a mettervi nei panni di un fantomatico Appuntato Coccia nato a Fiano Romano.
L’appuntato Coccia giunge a Siena nel 2017 con la sola consapevolezza di lavorare in una città dove gli abitanti se corcano de botte non per un rigore non dato, ma per questioni interne a un mondo il cui codice semiotico non gli è dato di capire. Appena arrivato, da prassi, i commilitoni gli hanno raccontato che nel 1966 (non cent’anni fa) i suddetti corcatori riuniti in massa, dopo essersi recati dall’Arcivescovo per chiedere la grazia, hanno tentato un assalto alla questura per liberare due uomini che erano stati arrestati. Perché? Perché erano due di loro. Toccò mettere in bella vista i mitra (per i dettagli vedere su Ricordi di Palio l’intervista di Marione Savelli). Poniamo poi che l’Appuntato Coccia si sia ritrovato in qualche Ponte di Romana o in qualche Quattro Cantoni in certi sentimentali momenti. Ci ha provato l’Appuntato Coccia a capire come fare a prevedere certe riunioni: qualcuno gli ha detto che si capisce dalle prove, lui allora ha guardato le prove, gli è sembrato che tutto filasse liscio e poi invece. Ora, voi, nei panni del nostro Coccia, sapendo che questi non possono giocare, non essendo mai riuscito a capire cosa esattamente smuova in loro determinate effusioni, vedendoli riuniti in torvi capannelli, non avreste voglia di sapere di cosa stanno confabulando? Certo, la probabilità di sentirsi rispondere “dei quatrini del sale” è grossa. E chissà quanti “dei nodelli di Figaro” o “dei partiti del ‘56” si sono trasformati in fascicoli segretamente consegnati all’intelligence che sta indagando se siano o meno nomi in codice di operazioni di ribaltamento del governo. Come se ce ne fosse mai fregato qualcosa. Del governo, dico.