L’addetto ai piccoli è uno di quei ruoli che mette paura, sembra che quell’orda barbarica di nanerottoli sia pronta a divorarci tutti.
L’addetto, è quello che la mattina della tratta vedi correre a destra e sinistra con casse di estathè e teglie di pizzette in mano. Magari si è svegliato prima ancora del barbaresco e non ha nemmeno fatto in tempo a trovare gli occhiali da sole. E il palco c’ha proprio lo stellone nel muso! L’addetto ai piccoli è quello che ha perennemente la maglietta macchiata di pennarello. Magari anche la faccia. È quello che c’ha 100 occhi e 400 mani. E non bastano. L’addetto ai piccoli è quello che sa tutti i nomi delle Winx e dei Gormiti. È quello che per il Palio dei cittini sta tre giri a bu’o stretto, nella speranza che nessuno caschi in terra. Ma, soprattutto, l’addetto ai piccoli è quell’adulto a cui i genitori danno fiducia. È quella figura che ti prende per mano e che ti insegnerà la contrada, il rispetto, la condivisione. E dopo, da grande, ogni volta che indosserai una montura, lo troverai a guardarti commosso. Quando avrai dei figli tuoi, noterà subito le somiglianze. E si ricorderà di te, sempre con affetto, anche se eri quello che faceva girare le scatole più di tutti.
Filippo Ferrandi ha 28 anni, da quattro è vicepresidente del gruppo piccoli della Chiocciola e, ogni volta, prova a vestire i panni di un cittino. Molte volte ha sentito dire la frase "io l’addetto ai piccoli non lo farei mai". Poi, proprio come racconta Filippo, avviene la magia.
"Ho fatto due anni l'economo di società, poi mi è stata proposta questa sfida. Adesso sono quattro anni che lo faccio. Anche io, prima, mai avrei pensato di fare l’addetto ai piccoli. Poi mi ci sono ritrovato ed è un ruolo che, tornassi indietro, rifarei di corsa: anzi, inviterei tutti a farlo, almeno una volta nella vita. È una cosa che ti entra dentro, è un aspetto genuino e puro della Contrada e, diversamente da altri ruoli, ti riempie di soddisfazioni".
Le soddisfazioni arrivano proprio dai bambini...
“Magari il bambino che ti riconosce da lontano, quello che ti cerca e ti corre incontro. Ci sono tante cose che ti segnano. Sicuramente è un ruolo delicato, bisogna insegnare il rispetto per la propria contrada e per le altre, soprattutto per la rivale. Cerco di far capire ai miei bambini che non è una guerra tra bande come vogliono dipingerla dall’esterno. Ci deve essere un grande rispetto per la contrada rivale: fuori dal contesto paliesco è bello vedere che si salutano e giocano insieme”.
La ricetta perfetta, ovviamente non esiste. Ma Filippo crede di sapere qual è uno dei segreti fondamentali.
"Quando ho iniziato, ero un po' impacciato. Ti guardano, ti squadrano, sono più furbi di noi. C'è bisogno di tornare bambini, restando comunque adulti e riuscendo a far capire che sei l'educatore e ci sono dei limiti. Inoltre, nella vita di tutti i giorni ognuno ha le proprie rotture di scatole, bisogna riuscire a lasciar fuori i problemi. I bambini sentono tutto".
Questo 2020 porta con sé tanta tristezza ed un grosso carico di nostalgia. Sarà dura non sentire i canti dei cittini in Piazza, non vederli correre con il loro fazzoletto troppo grande, sentirsi uno di loro, anche solo per un attimo.
"L'evento principale che apre la stagione estiva dei piccoli, è il Palio dei bambini nel Montone che, come già sappiamo, quest’anno non c’è stato e mi ha fatto molto effetto. A noi della Chiocciola mancherà tanto il 29 di giugno, sia perché giriamo che per l'assegnazione dei cavalli. E poi il 28, che è il giorno dei battesimi. Mi mancherà anche tutta la preparazione, sistemare le pergamene, la lista, aggiungere qualcuno all'ultimo minuto, far firmare la pergamena al priore, piegare i fazzoletti. E poi il tavolo dei cittini per le cene: si canta, stanno insieme, farà strano non averlo".
Anime connesse che si ritroveranno sempre, anche a distanza di anni. Quello che si crea tra gli addetti e i bambini, è un rapporto speciale che durerà nel tempo, anche quando arriverà l’età adulta.
"Questi bambini, alla fine, li senti come figli. Nella gioia e nel dolore si vede che ci tengono come punto di riferimento. Amo il loro modo di vivere la contrada ed il Palio, perché per loro non esiste la polemica. In loro vive solo la speranza della vittoria, che nella stalla ci sia un ‘bombolone’ o una ‘brenna’, per loro non cambia niente. E questa voglia, questa speranza, riescono a trasmetterla anche a te".
Un lungo anno senza Palio. Filippo, nonostante la tristezza di non poter vivere quei momenti di ardore e passione, riesce a trovare un chiave di lettura che riempie il cuore.
"Spero che la gente capisca che quei tre giri di Piazza non sono tutto. Siena e le contrade, sono molto di più. Questa è l'occasione per capire che la contrada è davvero una famiglia".