In questo momento siamo in zona rossa. Domani, chissà. Credo sinceramente che, tenuto chiaramente ben a mente la drammaticità dei pazienti malati e i morti che si piangono, la questione principale che ci troviamo, nostro malgrado, ad affrontare, sia proprio questa: l’incertezza. Quella del futuro, quella del cosa accadrà domani. Soprattutto per coloro (e sono tanti) non vedono un futuro nella propria attività, non riescono a vedere oltre l’orizzonte, il proprio e quello dei propri figli. Nessuno sa quali saranno le conseguenze economiche e sociali di questa pandemia. Possiamo solo immagina e la fantasia non può effettuare voli pindarici, ma rimane nella terra degli incubi.

Pensavamo di uscirne prima? Forse si, forse no. Di certo vedo un’unica soluzione: vaccini. Senza se e senza ma, subito. Gli strappi e il cambio dei colori, le misure ora più e ora meno restrittive, sono quotidianità nell’eccezionalità e questa non è più sopportabile, economicamente e socialmente. Del resto, come hanno sottolineato proprio in questi giorni Confcommercio e Confesercenti a Siena, non è che la pandemia sia arrivata in un momento proprio fulgido della nostra economia.

Qualcuno ha detto che il paese sarebbe uscito migliore. A guardare i social, ne uscirà peggiore. Nella continua coltivazione del proprio orto, più o meno grande, spesso con quasi disprezzo della difficoltà altrui e nell’ostentazione, invece, del proprio riuscire a vivere o sopravvivere. Cosa è cambiato, dunque? Niente. Anzi qualcosa è cambiato: in peggio. Si sono acuite le differenze. Per qualcuno, sempre a guardare i social, sarà pure piacevole, evidentemente.

Non basta. Si è abbassata la soglia dell’equilibrio di giudizio, si sono esasperati gli animi. Basta leggere (se ne avete il coraggio) il dibattito fra chi “difende” la movida e chi la condanna a prescindere, senza scomodare troppo i No vax e i Pro vax. Da cantanti dei balconi, pratica che definire patetica allora sembrava un’eresia, ci siamo trasformati in Savonarola dei social. A pensarci bene, però, lo eravamo anche prima. Siamo “solo” peggiorati.