La sofferenza non è finita. Abbiamo ancora la prova d’agosto da superare e senza “piagnistei”, come qualcuno ingenerosamente ha definito le nostre esternazioni, proveremo ad archiviare, paliescamente parlando, questo sconcertante 2020. L’antidoto contro i veleni del Covid per quanto riguarda il Palio negato ce lo abbiamo: la Contrada.
Se è vero che ogni crisi offre il fianco per una crescita, proviamo tutti insieme a considerare come incrementare e migliorare la nostra presenza in mezzo alla nostra gente, nei luoghi deputati, con la voglia di discutere - lo ritengo indispensabile - anche del Palio di domani.
I giorni della non festa di Luglio sono stati un mix di dolore, stress, passione, speranza (o illusione?); c’era il rischio di cadere nel patetico e qualche volta, con un rituale messo in atto per ricordare ciò che doveva essere e non è stato, ci siamo andati vicino. Il tutto ampliato dalla potenza espressiva e divulgativa dei nuovi social, un cahier de dolèances che ha investito tutti: bambini e adulti, contradaioli e quattrogiornisti.
Rimpianti ma anche sentimenti nobili e parole toccanti. Un'esperienza di cui non sentivamo la mancanza: avremmo preferito continuare a leggere sui libri o sentirlo raccontare dai meno giovani come era l’estate senza Palio.
Per la verità c’è stato qualcuno che ha apprezzato il fatto che questi pazzi senesi facessero vigilia nera: un ex'ministra… alcune associazioni già note per le figure da bischeri che in passato hanno fatto… e qualche fastidiosa “zanzara” che con il pungiglione velenoso pensava di darci un colpo mortale. Poverini, fanno pena. Ci fermiamo all'enunciazione cronachistica e impariamo tutti a dar loro lo spazio che meritano: nullo. L’ignoranza e l’odio, coperti da falsi buoni sentimenti, meritano l’oblio. Per contro abbiamo letto pagine così profonde, opera di scrittori e commentatori non senesi che avendo vissuto in passato, come si deve, la nostra Festa hanno “sentito” e commentato la nostra sofferenza; commuovendoci.
2020: un anno da marcare a fuoco facendo gli scongiuri affinché tutto questo non abbia più a ripetersi. Ma per fortuna abbiamo un antidoto: le Contrade e la ricca vita al loro interno; da utilizzare per avvertire meno il peso del vuoto ma anche per approfondire gli argomenti e le carenze di cui, magari in privato, ci lamentiamo fino al punto di temere per il futuro del Palio che rischia di diventare (se in parte non è già diventato) qualcosa di diverso da quello che abbiamo conosciuto, ma che meritiamo e che non vogliamo perdere.
Partiamo da lontano: già nei primi giorni di questa pandemia, la gravità della quale si avvertiva sin dall’inizio, dalle nostre strade si sono levati cori esorcizzanti che hanno fatto il giro del mondo. I senesi si rintanavano nei loro vicoli e con quella forma espressiva che tanto amiamo, cantavano la loro tristezza dando però spazio a un briciolo di speranza. Il canto unisce e fortifica; le nostre canzoni parlano d’amore (non solo per la città) e quindi trasudano positività.
Sin dall’inizio si tenne qualche riunione carbonara con cenini tra imboscati a dimostrazione che insieme si soffre meno. Poi il “tutti in casa” che ha reso davvero pesante il nostro vivere come quello di tanti altri cittadini del mondo.
A noi in più mancava la vita in Società, la discussione animata in preparazione alla Festa che poi - e lo sapevamo da subito - non ci sarebbe stata. Mancava anche la possibilità di dar corpo al nostro modo di essere che origina dalla storia: la vis polemica di cui siamo orgogliosamente (?) pieni. E allora abbiamo ripristinato i valori antichi di cui siamo fieri: la mutualità e la solidarietà estesa. Giovani e meno giovani si sono misurati con i bisogni degli altri e - cosa degna di menzione - anche intrecciando il lavoro con l’avversaria, sono nati momenti di aiuto alle fasce più deboli; lodevoli iniziative che hanno confermato la nostra genesi.
In tanti ci siamo detti che questo modello sociale è estremamente valido e che le nostre antiche istituzioni riescono ancora a mantenere questi valori nonostante che i potenti intendano omologare tutto e tutti abbassando la qualità della vita a livelli giurassici.
E allora non per consolazione, come potrebbe apparire magari per aspettare con minore apprensione il 2021 con gli appuntamenti in Piazza, ma per ferma convinzione, occorre valorizzare e in alcuni casi riscoprire, tutti, la vita di Contrada che è forse più importante del Palio stesso.
Già questo dovrebbe darci soddisfazione e farci riflettere che la più bella festa del mondo è una espressione dei nostri 17 popoli e che sono le Contrade che generano la Festa e non viceversa. Quindi nei momenti più bui, come è successo nel passato, dobbiamo rinforzare questa nostra identità sfruttando in positivo il vuoto che lascia il non vedere la terra in Piazza. Intanto per convincerci che siamo Noi (come il titolo di questa rivista) quelli che scriviamo la nostra storia e poi che ci sono da combattere furiose battaglie per mantenere il nostro modo di vivere e la qualità originale della nostra Festa. E quindi rimaniamo tali sia all’interno delle nostre “stanze” sia affinché l’oggetto del nostro profondo amore, il Palio, blocchi ed elimini le storture e le sovrastrutture evidenti che con gli anni si sono moltiplicate fino a farci dire, ricordate? "a queste condizioni non ci stiamo più: facciamo uno stop, ridiscutiamo tutto e, se sarà il caso, ripartiamo".
Ora il cattivo destino ce ne offre la possibilità; ma non facciamo come ad ogni 17 di agosto quando, per leccarci le ferite per le delusioni e le patite ingiustizie (o presunte tali), ci affidiamo a quel retorico detto che nell’immediato futuro dovrebbe sanare tutti i mali: il Palio d’inverno. Che però rimane sempre solo un proposito. Stavolta possiamo partire anche subito tanto la festa è finita, anzi non è nemmeno incominciata.
Gli argomenti di discussione non mancano: prima tra noi contradaioli, poi nelle assemblee e di conseguenza all’interno del Magistrato delle Contrade, affrontiamo decisamente quelli che consideriamo, vecchi e nuovi, mali endemici della Festa e dintorni. Senza un ordine di importanza occorre affrontare e risolvere l’abuso che troppi di noi fanno, su cose paliesche, sui social. Ci sono disposizioni ben precise dei vertici che sconsigliano il dibattito su tali materie tra i contradaioli; deprecabile l’uso di postare foto magari per dimostrare l'eventuale scorrettezza dell’avversario.
C’è da tenere conto del fatto che, giusto o sbagliato che sia, il nostro comportamento sul Campo è costantemente monitorato affinché siano bandite violenze e soprattutto risse. Il tema è scottante anche perché investe due processi che riguardano contradaioli; l’iter non è ancora concluso e lodevoli sono gli sforzi per far comprendere a chi deve decidere che una cosa è una rissa (magari aggravata) e un’altra è il fronteggiamento o la scaramuccia tra opposte fazioni (purché questo e niente altro siano i nostri “scontri” sul Campo).
E a proposito di giustizia mi limito a ricordare l’assoluta necessità di una revisione profonda di quella paliesca; mi fermo qui avendone già abbondantemente parlato nel numero Uno di questo periodico. Dispiace che nessuna altra voce, anche di dissenso, abbia ripreso lo scottante tema.
Il Palio è oggi disciplinato da troppe regole che si è voluto sancire: addirittura viene indicato quali sono i canti non accettabili e dove si possono intonare gli altri. E poi quando accompagnare il cavallo; in quanti è possibile stare sul palco di ogni consorella e come starci, eccetera. Pur comprendendo il particolare momento che vive la Festa, ingessare ogni spinta emozionale può significare la fine della genuinità di questo incontro di popolo. Ci sono da decenni regole non scritte che in genere vengono rispettate; definendone altre, per scritto, talvolta incomprensibili e di certo non condivise con i diretti interessati, si rischia di aggravare il quadro.
C’è poi il problema della comunicazione e dell’utilizzo delle immagini in diretta. Ci deve essere un ulteriore impegno delle Contrade, attraverso gli organi preposti, a produrre testi e prodotti multimediali dove, senza stancarci, occorre raccontare il Palio per quello che è, evitando aneddoti banali e fuorvianti ma dando spazio sia ai valori sociali e storici della Festa sia, se non soprattutto, al ruolo delle 17 consorelle che rappresentano uno degli ultimi baluardi della vera democrazia e della fondamentale partecipazione. Nella mia esperienza ho potuto verificare che i tanti produttori televisivi e cinematografici che si presentano in città con l’idea di produrre sensazionalismo attorno ai tre giri di Piazza, quando spieghi loro che ciò che ci differenzia dal resto del mondo è la vita di Contrada ed evidenzi l’essenza di questo vivere, il progetto dirotta: dallo scoop sulla corsa al racconto fedele del nostro essere. Sulle “dirette” è stato detto e scritto molto ma la soluzione ideale è di là da venire.
Credo che in ogni Contrada ci si debba finalmente preoccupare del costo che il popolo deve sostenere sia in caso di vittoria che, forse soprattutto, in caso di sola presenza sul tufo ( o magari anche senza aver partecipato). Lo impone la decenza e lo imporrà - purtroppo - la grave difficoltà economica che tutti sta colpendo. Occorre fare uno sforzo enorme per riappropriarsi di ciò che interessi esterni ci hanno tolto: mi riferisco, ad esempio, alle agenzie di viaggio che propongono prodotti “tutto compreso” (posto in “tribuna” - cena della prova generale - benedizione del cavallo) a prezzi il cui ritorno per le Consorelle è irrisorio. Si deve disincentivare questa forma che non promuove il Palio anche perché non ne abbiamo bisogno e l’invasione di troppi turisti annacqua le nostre emozioni. Il ridimensionamento dei costi per chi il Palio lo fa deve essere un obbiettivo primario altrimenti ci sacrifichiamo solo per far divertire gli altri.
Questo e tanto altro è il programma che deve impegnarci nei lunghi mesi che ci attendono prima di tornare a rivivere la Piazza. Se avremo la voglia, la costanza, il coraggio e la coerenza per aprire un serio dibattito potremo dire che il Covid 19 pur essendo stato fortemente distruttivo, ha favorito una riflessione seria sui nostri mali. E a farci considerare che...meno male che la Contrada c’è; per stare insieme, per solidarizzare ma anche per curare, da soli, i nostri mali.