La croce dell’Amiata: simbolo di pace, distrutta dalla guerra, ricostruita per amore

Diciamocelo: abbiamo visto la neve, poi il sole, poi la neve e siamo schizzati tutti a pesticciarla sull’Amiata. Io non ci andavo da trent’anni ed arrivare attraverso le piste vuote, nel silenzio, e immersa in quella luce azzurra che il sole crea quando attraversa i boschi ricoperti di cristalli di ghiaccio è stato come entrare in una diversa dimensione.

Certo la vetta dell’Amiata non è uno di quei luoghi da scoprire, chi legge, prima o poi, c’è stato, ma se dopo questo incipit, anche un po’ romantico e mieloso, pensavate di “salvarvi” la “pappardella” storica…vi deludo!

La storia della Croce in parte, ristudiandola, ha sorpreso anche me. Nel 1900 papa Leone XIII per festeggiare l’Anno Santo fece innalzare, sulle montagne più alte e simboliche d’Italia, venti monumenti che potessero celebrare la Redenzione, tanti quanti erano i secoli trascorsi dalla nascita, morte e Resurrezione del Cristo, compreso quello che stava per iniziare: il XX°. La Croce della vetta amiatina fu la nona ad essere costruita.

L’incarico venne affidato dall’episcopato toscano a monsignor Bellucci, vescovo di Chiusi e Pienza, nella cui giurisdizione si trovava, appunto, l’Amiata. Ad eseguire il progetto venne chiamato l'architetto Zalaffi, proprietario delle officine di lavorazione del ferro più celebri e prestigiose di Siena. La croce, alta 22 metri, riprende lo stile della Belle Époque, molto amato all’inizio del ‘900 e, una volta terminata (i lavori durarono dieci anni: dal 1900 al 1910), si dice che sembrò subito "slanciata, armoniosa e bella”. Certo, le difficoltà, al tempo, per portare le quattro tonnellate di ferro necessarie per realizzare l’opera non furono indifferenti sia da un punto di vista pratico che da quello economico. Le spese ammontarono, infatti, a 30.000 lire e servì l’intervento di benefattori privati per riuscire nell’impresa. Così come servì la tenacia degli abitanti di Abbadia che, ogni giorno, finito il lavoro con il quale si guadagnavano da vivere, portavano a spalla o a dorso di mulo il ferro fino in vetta.

 

  • Croce_Monte_Amiata1
  • Croce_Monte_Amiata2
  • Croce_Monte_Amiata3
  • Croce_Monte_Amiata4
  • Croce_Monte_Amiata5
  • Croce_Monte_Amiata6

 

La croce venne assemblata nell’estate del 1910 ed inaugurata il 18 di settembre.

Poi arrivò la guerra, la Seconda, soprattutto, si rivelò fatale per il monumento: il 7 giugno 1944, infatti, venne abbattuto dai bombardamenti tedeschi mentre erano in ritirata. 

Ma il simbolo della cristianità della montagna doveva essere nuovamente innalzato e così si costituì il "Comitato organizzativo pro-rielevazione della croce del monte Amiata", presieduto dall'allora sindaco di Abbadia, Libero Tondi, che assieme con il clero locale ne organizzò la ricostruzione. Si dovevano sostituire 35 quintali di ferro e per esorcizzare il vissuto, la paura, la guerra e guardare ad un nuovo futuro si fusero tutte le mine nemiche che fu possibile reperire. Quel che restava della croce fu smontato, salvate e recuperate le parti vecchie rimaste illese le quali furono, poi, rimontate con le nuove e, dopo tre mesi di lavoro (fatto non solo da meccanici e fabbri esperti ma anche da otto chierici cistercensi che si trovavano ad Abbadia San Salvatore: il lato cristiano è fortemente simbolico, ma lavorarono alacremente all’opera), la croce fu innalzata di nuovo.

Il 24 agosto del 1946, era un sabato, Papa Pio XII, attraverso un impulso radio, accese le lampadine che vi erano state poste sopra e, per tutta la notte fu visibile ai paesi delle aree circostanti fino a Siena, e lo stesso pontefice pronunciò un discorso via radio. Le spese per la ricostruzione superarono l’astronomica cifra del milione di lire.

La croce dell’Amiata: simbolo di pace, distrutta dalla guerra, ricostruita per amore

La croce dell’Amiata: simbolo di pace, distrutta dalla guerra, ricostruita per amore

Diciamocelo: abbiamo visto la neve, poi il sole, poi la neve e siamo schizzati tutti a pesticciarla sull’Amiata. Io non ci andavo da trent’anni ed arrivare attraverso le piste vuote, nel silenzio, e immersa in quella luce azzurra che il sole crea quando attraversa i boschi ricoperti di cristalli di ghiaccio è stato come entrare in una diversa dimensione.

Certo la vetta dell’Amiata non è uno di quei luoghi da scoprire, chi legge, prima o poi, c’è stato, ma se dopo questo incipit, anche un po’ romantico e mieloso, pensavate di “salvarvi” la “pappardella” storica…vi deludo!

La storia della Croce in parte, ristudiandola, ha sorpreso anche me. Nel 1900 papa Leone XIII per festeggiare l’Anno Santo fece innalzare, sulle montagne più alte e simboliche d’Italia, venti monumenti che potessero celebrare la Redenzione, tanti quanti erano i secoli trascorsi dalla nascita, morte e Resurrezione del Cristo, compreso quello che stava per iniziare: il XX°. La Croce della vetta amiatina fu la nona ad essere costruita.

L’incarico venne affidato dall’episcopato toscano a monsignor Bellucci, vescovo di Chiusi e Pienza, nella cui giurisdizione si trovava, appunto, l’Amiata. Ad eseguire il progetto venne chiamato l'architetto Zalaffi, proprietario delle officine di lavorazione del ferro più celebri e prestigiose di Siena. La croce, alta 22 metri, riprende lo stile della Belle Époque, molto amato all’inizio del ‘900 e, una volta terminata (i lavori durarono dieci anni: dal 1900 al 1910), si dice che sembrò subito "slanciata, armoniosa e bella”. Certo, le difficoltà, al tempo, per portare le quattro tonnellate di ferro necessarie per realizzare l’opera non furono indifferenti sia da un punto di vista pratico che da quello economico. Le spese ammontarono, infatti, a 30.000 lire e servì l’intervento di benefattori privati per riuscire nell’impresa. Così come servì la tenacia degli abitanti di Abbadia che, ogni giorno, finito il lavoro con il quale si guadagnavano da vivere, portavano a spalla o a dorso di mulo il ferro fino in vetta.

 

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La croce venne assemblata nell’estate del 1910 ed inaugurata il 18 di settembre.

Poi arrivò la guerra, la Seconda, soprattutto, si rivelò fatale per il monumento: il 7 giugno 1944, infatti, venne abbattuto dai bombardamenti tedeschi mentre erano in ritirata. 

Ma il simbolo della cristianità della montagna doveva essere nuovamente innalzato e così si costituì il "Comitato organizzativo pro-rielevazione della croce del monte Amiata", presieduto dall'allora sindaco di Abbadia, Libero Tondi, che assieme con il clero locale ne organizzò la ricostruzione. Si dovevano sostituire 35 quintali di ferro e per esorcizzare il vissuto, la paura, la guerra e guardare ad un nuovo futuro si fusero tutte le mine nemiche che fu possibile reperire. Quel che restava della croce fu smontato, salvate e recuperate le parti vecchie rimaste illese le quali furono, poi, rimontate con le nuove e, dopo tre mesi di lavoro (fatto non solo da meccanici e fabbri esperti ma anche da otto chierici cistercensi che si trovavano ad Abbadia San Salvatore: il lato cristiano è fortemente simbolico, ma lavorarono alacremente all’opera), la croce fu innalzata di nuovo.

Il 24 agosto del 1946, era un sabato, Papa Pio XII, attraverso un impulso radio, accese le lampadine che vi erano state poste sopra e, per tutta la notte fu visibile ai paesi delle aree circostanti fino a Siena, e lo stesso pontefice pronunciò un discorso via radio. Le spese per la ricostruzione superarono l’astronomica cifra del milione di lire.