Stamani, dato che siamo di nuovo in zona rossa ho deciso di farvi sognare e viaggiare (per ora) con la fantasia. Ho deciso di farvi calare, insieme a me, nella “Buca del beato”. Lui è Giovanni Benincasa, nato a Montepulciano nel 1375. e il Martirologio Romano lo identifica proprio come beato Benincasa da Montepulciano.
Da adolescente indossa gli abiti dei dei Servi di Maria e a 25 anni decide di ritirarsi in una vita di solitudine e penitenza sul Monte Amiata, sulle orme e nel luogo in cui già San Filippo Benizi († 1285), grande propagatore dell’Ordine dei Servi di Maria, aveva condotto un’esistenza simile. Benincasa si costruisce una celletta su una rupe del monte presso i Bagni di Sas Filippo e nutrendosi del poco cibo che gli fornivano i visitatori che ripagava con oggetti da lui scolpiti e creati.
La tradizione vuole che il beato si macerasse in grandi digiuni e che si facesse vedere dai chi andava a trovarlo solo attraverso una piccola finestra e mai dalle donne.
Si fece una fama di taumaturgo, lui, che si diceva fosse cugino di Santa Caterina: guariva dai mali facendo bere acqua benedetta, liberava, con il solo segno della Croce chi si sentiva “posseduto” dagli spiriti maligni.
Poi riceve dalla Casa Madre dei Servi di Maria l’ordine di trasferirsi nel monastero di Monticchiello ma da qui le fasi della sua biografia si complicano: il convento dei Servi di Montepulciano, aveva degli appezzamenti di terreno a Monticchiello sin dal 1282, ma un convento no, perché fu edificato solo nel 1474, quindi 68 anni dopo la sua morte, così, secondo alcuni biografi egli si trasferì a Monticchiello ma continuando la sua esistenza da recluso che, per questo, ancora oggi, vengono chiamate le “Buche del beato”.
Morì il 9 maggio 1426 e, si narra, che quel giorno tutte le campane iniziarono a suonare da sole e sulla grotta in cui viveva si vide splendere un inusitato chiarore.
Tra le leggende nate intorno ad un personaggio coì particolare non posso non citare quella delle “orme del diavolo”. Si dice infatti che spesso il demonio si recasse da lui per indurlo in tentazione e sotto varie sembianze: una volta lo scacciò con tale forza (c’è chi parla di un caprone chi di un cavallo) che lo costrinse ad andarsene spiccando un salto al di là del profondo baratro che sovrasta il torrente. Il diavolo lasciò le sue impronte nella viva roccia e queste sono visibili a poca distanza dall’ingresso superiore. E, ancora oggi, sono meta di pellegrinaggio.
Dopo la sua morte il corpo venne portato (con non poca difficoltà per farlo uscire dalle grotte che, per chi va a visitarle anche oggi sono tanto affascinanti quanto di non facilissimo accesso) nella Chiesa di San Martino di Monticchiello, oggi scomparsa, e furono, dunque, gli abitanti del villaggio, riconoscenti per i benefici ricevuti dal beato, ad edificare, a quel punto e siamo nel 1494, un convento per i Servi di Maria, attiguo a detta chiesa. Quando poi i religiosi, per cause oggi ignote, nel XVI secolo abbandonarono il convento con la chiesa, e i resti del beato Benincasa vengono posti nella chiesa parrocchiale di Monticchiello dedicata ai Santi Leonardo e Cristoforo.
Nel 1822 e 1829, dietro richiesta del Padre Provinciale dei Servi della Toscana, iniziano i primi processi per l’approvazione del culto del beato Benincasa e il il 23 dicembre del 1829, papa Pio VIII, ne conferma il culto.
L’Ordine dei Servi di Maria lo celebra l’11 maggio, ma il Martirologio Romano, come pure nel paese di Monticchiello, viene festeggiato il 9 maggio.
Quando finalmente cambieremo colore, quando finalmente torneremo normali, andate a visitare le buche del beato Benincasa, troverete una serie di cunicoli nascosti e impervi che vi condurranno ad un bellissimo torrente e ad una cascata emozionante dato che il complesso si trova sulla sponda destra del torrente Tresa affluente, più a valle, del fiume Orcia.
Un altro luogo, vicino a noi, da scoprire in un giorno che ricorderete, nel quale farete cose un po’ pazze come scendere in grotte scoscese, ascoltare l’acqua che si lancia impetuosa dal monte, tutto mentre ascoltare il rumore del cuore.
Targa posta in onore del quinto centenario della morte dal popolo di Monticchiello sotto la croce