Di lui non ci sono foto, di lui non ci sono lapidi a ricordo. E’ uno dei tanti.

Ma uno dei tanti che, come si dice, hanno fatto la storia. Storia che non è solo quella delle “grandi figure”, ma anche quella dei singoli che, come gocce, costituiscono quell’oceano che poi la storia la vive sulla sua pelle.

Lui è Lorenzo Valenti, figlio di Luigi e di Pellegrina di Marchese di Napoli.

Sappiamo, al momento in cui le notizie sulla sua biografia cominciano a emergere, che è nato a Livorno, è domiciliato a Pisa, ha 40 anni, è celibe.

Perché ne parliamo allora?

Perché Lorenzo Valenti viene ricoverato due volte a Siena nell’allora Ospedale Psichiatrico di San Niccolò.

Scorrendo le cartelle cliniche dell’Archivio Storico del manicomio cittadino: la prima volta entra in ospedale il 13 giugno del 1871 ed esce il 29 ottobre dello stesso anno, molto migliorato, si dice, dopo un periodo di cura ricostituente. Vi rientra il 31 gennaio del 1872 e rimarrà al San Niccolò fino alla morte, avvenuta il 2 luglio dello stesso anno.

Una vita come tante, meno interessante di altre, forse, tra le migliaia di pazienti che hanno varcato quel cancello nei secoli.

Ma ecco che scorrendo la sua vicenda clinica scopriamo che Luciano è stato uno dei Mille, che ha partecipato alla spedizione di Marsala e per questo percepisce una pensione. In base ad una legge del 22 gennaio 1865, infatti, il Ministero della Guerra pubblica un elenco dei Mille di Marsala, composto da 1089 “camicie rosse”, delle quali cui 331 risultavano morte, 21 di incerta identificazione, 630 erano titolari di pensione (tra cui c’è il nostro), mentre 107 non ne avevano diritto per motivi vari.

La pensione vitalizia era di 1000 lire.

Sempre dalla cartella clinica sappiamo che Lorenzo lavora, e di grande interesse sono le qualifiche professionali riportate: la prima volta “caffettiere”, la seconda “ghiacciatore”. Comunque, tra la pensione e i proventi del lavoro, egli riesce a mantenersi e ad aiutare gli anziani genitori.

Si deduce, dalle annotazioni dei medici, che esiste un forte rapporto con i genitori, forse di figlio unico. Il padre è già infermo per un ictus, quando Lorenzo si ammala la prima volta e la madre, dopo uno svenimento del figlio sostiene che l’uomo soffre di “un forte patema d’animo” il quale, di fatto, motiva il primo ricovero all’ospedale di Pisa da dove, dopo un certo periodo, viene trasferito a Siena.

Oggi, con le conoscenze che abbiamo anche sui reduci di guerra ci viene il dubbio che soffrisse anche di quello che viene identificato come stress post traumatico, ma non lo sapremo mai.

Al tempo, le giustificazioni che portano agli internamenti senesi si riferiscono entrambe le volte ad abuso alcolico ma, forse, ancora di più, ad un’infezione luetica (la sifilide) che ne ha minato la mente e il fisico. Si legge, infatti, che non riesce a reggersi sulle gambe ed è privo di forza.

Dal punto di vista mentale i medici annotano che alterna momenti di grande passività, debolezza e inerzia (definiti di quasi “stupidità”) ad altri in cui invece è sovraeccitato.

In uno di questi momenti afferma che lui stesso è Giuseppe Garibaldi e che vorrebbe guidare una nuova rivolta.

Si intuisce dagli scritti della cartella che Lorenzo Valenti viene trattato con un certo rispetto, come se fosse considerato, in qualche modo, una piccola gloria e per questo rispettato anche nei suoi momenti di malattia.

Muore per le conseguenze della “fiera malattia” che lo aveva colto e dopo che gli è stata diagnosticata una “demenza primitiva”, una dizione generica che ha come sinonimo anche “stupidità”, evidentemente sopraggiunta a seguito delle complicazioni cerebrali della lue.

Una storia di vita, triste, non facile, come molte di quelle che si sono consumate dentro le mura e inferriate ed i cancelli del San Niccolò.

Il villaggio manicomiale, attualmente è stato in parte riconvertito e riutilizzato dai reparti ASL, dall’Università, da abitazioni private. Esiste però un padiglione, il più caratteristico e significativo (ne esistono solo tre in Italia), il reparto Conolly, che rischia (ancora) di crollare. Molti si sono attivati in questi anni per cercare di salvare questo esempio di "Panopticon", un reparto ellissoidale, costruito in modo tale da controllare, da un’unica postazione, tutti i pazienti che venivano ricoverati nelle cellette singole destinate ai malati più gravi (i cosiddetti “furiosi”).

Attualmente il Conolly partecipa alla gara de “I Luoghi del Cuore” organizzata dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), gara che terminerà il 15 dicembre.

Quest’anno esistono varie categorie: i luoghi d’Italia sopra i Seicento (metri), quelli delle Coste e delle Spiagge ed infine quelli dei Luoghi Storici della Salute.

Il nostro Conolly è naturalmente “arruolato”, naturalmente, in quest’ultima classifica.

Questa è la seconda volta che il Conolly partecipa al concorso. La volta scorsa (nel 2016) ci fu un riscontro molto forte, sostenuto da un impegno importante da parte della rete locale del FAI e dal comitato “Salviamo il Conolly” e, alla fine, fummo ventisettesimi con oltre 11mila firme.

Questa volta invece sta andando meno bene. Intanto il modo di votare che è stato all’inizio della gara solo per via digitale, ci ha penalizzato molto rispetto alla volta scorsa in cui era possibile realizzare banchi e banchetti di raccolta firme. Da qualche settimana però, da quando cioè la chiusura per il Covid si è un po’ allentata, siamo di nuovo in grado di utilizzare i moduli cartacei. Ma forse il minor impegno rispecchia anche l’inerzia delle istituzioni che sono in ballo verso questo edificio. Istituzioni che per la verità (va riconosciuto) in questo periodo hanno avuto altro da pensare, a partire dalla Asl Toscana Sud Est, proprietaria del bene, all’Università che aveva intavolato ormai da anni con la prima una trattativa per averne l’uso, dopo averlo rimesso a posto.

A Siena c’è un detto che riassume bene la situazione attuale del Conolly: “né campa né more”. Una situazione di inerzia che non va avanti né indietro. Il fatto è però che prima o poi, se nessuno prende una posizione più decisa, finirà per andare indietro decisamente e farà così finire ogni sogno al proposito.

Ma noi comuni cittadini abbiamo ancora a disposizione qualche mese per far sentire di più la nostra voce votando e firmando per il Conolly.

È dunque venuto il momento di fare un punto sulla classifica: attualmente siamo al 406° posto in classifica generale con 305 voti (mancano da conteggiare tutti i voti cartacei già raccolti), nella classifica dei Luoghi Storici della Salute invece siamo al 22° posto nella classifica nazionale, in quella Toscana siamo invece 5° sopravanzati da Montelupo Fiorentino (sede del vecchio OPG), dalle Terme di Montecatini, da quella di Livorno (le Terme Corallo) e da Maggiano (O.P. di Lucca).

Abbiamo ancora quasi tre mesi per migliorare, con uno scatto d’orgoglio e d’impegno, le nostre posizioni, forse anche di molto.

Facciamolo!

Attualmente, oltre che on line, si può votare con i moduli cartacei presso:

· Ristorante-pizzeria All’Orto de’ Pecci

· Studio dentistico Fabio Pacciani, piazza Gramsci 27

Chi si dichiarasse disponibile a tenere i moduli, incoraggiando così al voto, ce lo faccia sapere e forniremo la adatta modulistica.

Il Conolly, che raccoglie migliaia di storie come quella di Luciano Valenti va salvato perché è salvare un pezzo, importante, della storia di Siena.

 

(Ringrazio Andrea Friscelli che aveva ricostruito la storia di Luciano Valenti per il libro “La Patria in Strada I toponimi di Siena dal Risorgimento al Medioevo”, scritto da me e Roberto Cresti nel 2017 per le edizioni Betti e per le immagini che mi ha fornito)