E se vi dico “Pietro Cataneo”, che cosa vi viene in mente? Probabilmente, a parte agli addetti ai lavori e a pochi altri, il nome non dice niente, perché, incredibilmente, Siena si è dimenticata di avere fra i suoi figli anche questo grande architetto e teorico dell’architettura, esponente di spicco di quella scuola di ingegneri senesi che fu in primo piano nel Rinascimento (non solo) italiano.
Non si sa con precisione la sua data di nascita (così come non si sanno tante altre cose di lui): si sa solo che nacque all’inizio del ‘500 (circa 1510, come è stato ipotizzato?) da Giacomo Cataneo (ma si trova anche la dizione secondaria Cattaneo).
Si forma sulla tradizione architettonica e ingegneristica di Francesco di Giorgio Martini, ma, soprattutto, ha un rapporto diretto con Baldassarre Peruzzi e con Domenico Beccafumi, del quale, secondo alcune discutibili notizie riportate da Gaetano Milanesi, sarebbe stato il cognato, avendone sposato, sostiene lui, la sorella Caterina nel 1533. Di sicuro ha frequentazioni con due altri importanti architetti e pittori del Cinquecento senese, Bartolomeo Neroni detto il Riccio (suo coetaneo, sepolto nella chiesa del Carmine) e Anton Maria Lari (detto il Tozzo), anch’egli allievo del Peruzzi, un altro “illustre” sul quale la sua città natale ha fatto calare un sipario di imbarazzante oblio (ma quanto siamo bravi a ignorare personaggi che farebbero parte della nostra più bella memoria culturale!).
Cataneo (del quale il Vasari dà appena un accenno) è soprattutto un architetto militare al servizio della Repubblica di Siena, impiegato, almeno fino al 1552, a sovrintendere e a ristrutturare le fortificazioni della costa maremmana, sottoposte, di quei tempi, alle scorrerie dei pirati saraceni. E’ commissario governativo per le fortificazioni di Portercole, Talamone e Orbetello affiancato proprio dal Lari. Poi si occupa di Montauto e di Campagnatico.
Il suo compito non è facile: deve “ripensare” le fortificazioni perché, nell’arte della guerra e soprattutto della guerra d’assedio, è cambiato tutto. Fin dal Medioevo la capacità di resistenza delle fortificazioni di una città si era misurata, per secoli, sulla loro altezza e sulla presenza di torri. Mura alte significava difficoltà a scalarle; torri significava poter scagliare di tutto sugli assedianti, ma, al tempo di Pietro Cataneo, da almeno un cinquantennio, le protagoniste delle guerre d’assedio sono diventate le artiglierie, in particolar modo da quando i maestri artiglieri hanno imparato a fare cannoni e bombarde con la fusione del bronzo, superando quel rudimentale sistema che aveva caratterizzato le prime artiglierie, costituito dall’assemblaggio di parti di ferro che, dài e dài, ben presto andavano in pezzi. Le artiglierie sparano proiettili di ferro o di pietra; hanno un impatto di percussione e non di esplosione, ma, da questo punto di vista, sono micidiali: le mura alte, le torri, i coronamenti merlati diventano altrettanti bersagli che, quando colpiti, si trasformano in moltiplicatori di proiettili, con le pietre e i mattoni sparati in aria a ricadere sulle case e sulla gente e a creare l’effetto shrapnel. A Siena se ne sono resi conto quando le artiglierie papali e fiorentine hanno preso d’assedio la città nel 1526, tanto che, dopo il felice esito della battaglia di Camollia, scampato il pericolo, la Repubblica corre in tutta fretta ai ripari incaricando Peruzzi di rivedere l’impianto difensivo e di abbassare le, ormai inutili e pericolose, alte mura.
Proprio Cataneo, nel novembre del 1552, relaziona alla Signoria senese sui lavori indispensabili per Orbetello, necessitanti di alcune “aggiontioni che secondo il parer mio si doveria farle, volendola sicurar dalla artiglieria” e aggiunge che, ritornando a Siena, per le stesse ragioni avrebbe fatto un analogo sopralluogo alle fortificazioni di Pienza e di Sinalunga.
Cataneo, in quanto ingegnere, è anche un eccellente matematico: nel 1567 pubblica “Le pratiche delle due prime matematiche”, ma, come si è accennato, è soprattutto un trattatista, Nel 1567 esce a Venezia il suo libro su “I primi quattro libri d’architettura”, un manuale che fino a tutto il Seicento andrà per la maggiore, con l’indicazione (in base alla lettura di Filarete e di Francesco di Giorgio) della forma ideale delle fortificazioni. E qui c’è la chicca che non tutti sanno: Cataneo (il poco conosciuto da noi senesi Cataneo) è il primo a “inventare” le città a pianta poligonale stellata, proprio in funzione di una elaborazione ottimale della bastionata che sia in grado di far “scivolare” i proiettili delle artiglierie. La sua intuizione, abbinata al concetto rinascimentale di città radiocentrica, è quella che sta alla base di disegni urbani per insediamenti di nuovo impianto. Alcuni esempi, sicuramente da tutti conosciuti, ma dei quali molti ignorano che all’origine c’è la riflessione teorica del senese: Palmanova del Friuli, oppure le città di nuova fondazione in Sicilia, come Avola e Grammichele.
Ah: a proposito di ingegneri senesi “dimenticati”, in Sicilia, ma soprattutto in Spagna, opera un altro grande ingegnere militare nato nella nostra città nel 1541 e morto a Madrid nel 1609. Il suo nome? Tiburzio Spannocchi. A Siena non lo ricorda nessuno (replay, se serve a capire meglio il concetto, in slow motion, ma quanto siamo bravi, noi senesi, a ignorare personaggi che farebbero parte della nostra più bella memoria culturale!), ma andatevi a vedere che cosa è stato capace di elaborare nella Penisola Iberica per rendervi conto di quale fucina di sapienza ingegneristica militare d’avanguardia sia stata la Siena del Rinascimento.
Mappa di Palmanova nel 1600