Appena questo “rosso” ci lascerà. Appena torneremo padroni del nostro tempo, della nostra libertà, del nostro vivere, andate a fare un “trekking culturale” (se trekking vi sembra troppo impegnativo e vi mette paura, andate a fare una “giratina culturale”) in un luogo bellissimo e vicino a Siena: andate a vedere i resti dell’eremo del beato Franco Lippi da Grotti lungo il suggestivo torrente della Fusola, sotto le Ville di Corsano. Perché la storia è bello raccontarla ma, quando è così vicina, è importante andare a cercarla, a viverla, a toccarla con mano. Anche perché vedendo il luogo nel quale il beato Franco Lippi decise di ritirarsi in eremitaggio possiamo davvero immergerci nella sua scelta e nel suo vissuto.
Ma chi era questo beato? Senz’altro un personaggio particolare anche se la sua biografia ricalca, in qualche modo, le orme di molti altri, le loro conversioni, il loro incontro con “l’altro”.
Franco (o Francesco) Lippi nasce nel castello senese di Grotti il 3 dicembre 1211 da genitori molto religiosi. Eppure, nonostante i loro insegnamenti, vive un’adolescenza caratterizzata dal gioco e da ogni tipo di vizio. Diventa soldato di ventura ed è a Sarteano nel 1229 ma, mentre combatte con le truppe senesi contro gli orvietani, dopo aver perso a dadi tutti gli averi, si gioca anche gli occhi, esclamando: "Anco questi mi vo' giocare per dispetto di Chi me li fece!". Così diviene immediatamente cieco. Ma il buio della vista gli illumina la coscienza e Franco fa voto solenne a Dio e a San Giacomo che, se fosse tornato a vedere, sarebbe andato in pellegrinaggio a Santiago. Mantiene la promessa fatta e, arrivato a Santiago, ci vede completamente. Convertito chiede l'assoluzione al papa per la sua vita di peccatore e pellegrina per ogni santuario ed eremo in cerca di perdono.
Tornato a Siena, dopo aver assistito ad una predica del beato Ambrogio Sansedoni decide di vivere in eremitaggio: prima in una grotta scavata nel tufo presso Porta San Marco, poi in un bosco nei pressi del suo paese d’origine, lungo il torrente della Fusola, dove in una roccia si scava un riparo e dove, da lì, compie molte grazie e riceve numerose visioni. La tradizione narra che una sera del 1279 gli sia apparsa la Vergine che gli chiede di vestire l'abito dei Carmelitani così entra in convento, ma si punisce continuamente con catene di ferro che gli cingono i lombi, le gambe, le cosce, il collo e il petto. Il suo unico cibo, per tre giorni alla settimana, è solo l'Eucaristia; nella sua cella semina chiodi e ci cammina sopra per maggior flagello mentre in bocca tiene una palla di ferro per “mortificare la sua lingua”. E’ questo il modo in cui vive nella comunità religiosa del Carmine per poco più di dieci anni, fino alla morte: l’11 dicembre 1291. Il 12 dicembre viene sepolto proprio nella chiesa del Carmine e Lombardelli, nello scrivere la sua biografia, ricorda che i senesi non permisero di inumarlo il giorno che morì perchè tutto il popolo accorse a visitarlo nel Carmine dove era esposto "massimamente...molti storpiati e infermi a baciargli con riverenza le mani, e col cuore raccomandandosi, ricuperarono la sanità; e molti cominciarono a stracciargli le vestimenta, per tenere le reliquie, et anco gli levavano i capelli della testa, e i peli della barba, ancor che le membra istesse havrebber portato via, se dai padri non si provvedeva all'inconveniente". Per questo motivo la festa del Beato Franco da Grotti, come dice anche Girolamo Gigli nel Diario Senese, si celebra (e siamo nel XVI secolo) il 12 dicembre e, in questo giorno, nella chiesa del Carmine "si espone il suo corpo, si fa il panegirico, ed il pubblico (il Comune n.d.r.) vi manda libbre 16 di cera". Nello stesso giorno la sua memoria veniva celebrata anche nelle chiese carmelitane di altre città, come Firenze. Ancora oggi, nella chiesa del Carmine, a Siena, sotto l’altare con pala con di San Michele Arcangelo del Beccafumi è custodita un'urna contenente le sue reliquie.
Beato Franco Lippi da Siena, sec. XVIII, attribuito a Nicola Bertuzzi
Il culto del beato Franco Lippi è stato autorizzato da papa Clemente X nel 1670 e oggi, nel martirologio romano, si trova correttamente all'11 dicembre, suo dies natalis.