“Ricorditi di me, che son la Pia, Siena mi fè, disfecemi Maremma: salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma”.

Con questi versi (Purgatorio V, vv.130-136) Dante, di fatto, ha creato, dato vita e corpo e anima ad una figura tra le più leggendarie della Divina Commedia.

Tutti siamo partiti, a fianco di Pia, accusata di tradimento da quel filibustiere di Ghino (mentre in realtà lei si incontrava di notte, sì, con un uomo, ma era l’amato fratello che, esule, andava a farle visita) dal suo palazzo in Piazza Tolomei e abbiamo fatto tutta la strada con lei, attraversato il famoso ponte a schiena d’asino che ne tramanda ancora il nome e il triste ricordo nei secoli e, sempre accanto a lei, siamo giunti in Maremma, dove risiedeva il marito Nello, e abbiamo sentito sulla pelle quella punizione che le spettava in quanto venuta meno al giuramento di fedeltà nuziale.

 

Quanto ci abbiamo sognato tutti noi e ricamato e pianto su questa storia d’amore straziante.

Pia e Nello, Firenze, Palazzo Pitti, Pio Fedi

 

E quanto ci hanno scritto poeti, commediografi, registi. E quanti romanzi, film, poesie le sono state dedicate, e opere: da Donizetti (la sua “Pia de’ Tolomei” è del 1827), fino a Gianna Nannini (la messa in scena della “Dolente Pia” è del 2007).

Ma tutti coloro che hanno scritto di lei ricalcano le vicende del personaggio dantentesco il quale, con tutto ciò che passa quella povera donna, manco diritta in Paradiso la manda, ma la pone addirittura nell’antipurgatorio (dove, diremmo oggi, si fanno gli stage per poi entrare in Purgatorio) insieme agli spiriti che hanno subito violenza e si sono pentiti delle loro colpe (colpe, lei?) un momento prima della morte.

Pia viene descritta come una nobildonna, di animo dolce, non rancorosa verso chi le ha tolto la vita e che ha premura di pentirsi per accelerare la sua salita verso il Paradiso.

Ebbene, tutto ciò premesso sappiate che Pia de’ Tolomei, almeno questa Pia de’ Tolomei, non è mai esistita. Ebbene sì, sempre lui, il “fiorentinaccio” se l’è inventata di sana pianta.

Siamo, in realtà, davanti a quello che potremo definire un thriller medievale, dato che stiamo raccontando di un personaggio davvero misterioso. Sono i commentatori di Dante, a partire dal figlio dell’Alighieri, Pietro, ad identificare in una tal Pia nata a Siena e appartenente alla potente casata dei Tolomei la donna ricordata nel V Canto del Purgatorio

Ma di leggenda si parla.

L’argomento è stato ampiamente affrontato e dibattuto. Ci sono stati studi, tesi di laurea (anzi ringrazio Giada Da Frassini che mi ha messo a disposizione la sua) e, soprattutto, un libro “Io son la Pia. Un enigma medievale” scritto da Roberta Mucciarelli (Siena, 2012) nel quale si affronta storicamente la querelle cercando proprio di capire se fosse esistita a Siena a fine ‘200 una donna tale da ottenere un posto nella Divina Commedia avendo colpito la fantasia dell’Alighieri con le sue vicissitudini.

Le ipotesi sono molteplici.

Pia de Tolomei, illustrazione di Gustave Doré

 

In una di queste (ma vi premetto che siamo ancora nella leggenda) la storia potrebbe essere addirittura opposta e Pia potrebbe essere stata vittima di un uxoricidio. Infatti si narra di una Pia che aveva sposato, sì, tal Nello Pannocchieschi ma nel famoso castello della Maremma la donna venne fatta buttare dalla finestra da un servitore per motivi che potrebbero essere amorosi come politici perché Nello doveva sposare (e da qui la domanda: perché l’amava o per interesse?) una tal Margherita Aldobrandeschi la cui famiglia aveva signoria nella zona.

Ma veniamo ai fatti storici.

Uberto Benvoglienti prima e Girolamo Gigli dopo, avendo passato in rassegna tutte le carte dell’archivio Tolomei e non avendo trovato una donna con questo nome, ipotizzarono che essa appartenesse ad un’altra importante casata: i Guastelloni. E allora ecco Pia figlia di messer Buonconte (o Buonincontro) Guastelloni, che aveva sposato messer Baldo di Aldobrandino Tolomei ed essendo rimasta vedova si era sposata in seconde nozze a Nello de' Pannocchieschi. L'ipotesi, ripresa nell'Ottocento da vari studiosi, si lega ad una diversa interpretazione dei versi danteschi: "sa della mia fine colui (Nello) che ha sposato me, già precedentemente inanellata (da Baldo Tolomei)".

Pia de' Tolomei, Arturo Viligiardi, Fondazione MPS, 1984

 

Mistero risolto? Macchè.

Un’ulteriore versione elaborata da Banchi e Lisini, siamo all’inizio del Novecento, parla di una Pia appartenente al potente casato dei Malavolti. Lisini trova un’attestazione documentaria secondo la quale Pia Guastelloni era viva nell'agosto 1318, ancora vedova e non risposata. Non era possibile, dunque, che fosse la donna che nel 1300 Dante sapeva esser morta.

Pia (Malavolti), così, si sarebbe innamorata di un Tollo (o Bertolodo) signore di Prata. Si parla, in questa vicenda, di un matrimonio combinato (Nello Pannocchieschi fu il procuratore?), comune al tempo, che aveva alla base un intento politico molto forte: risolvere i contrasti tra la città e i suoi possedimenti in Maremma. Numerosi erano, infatti, in questi anni gli scontri anche armati che si tenevano tra una Siena ormai guelfa e un territorio maremmano ancora ghibellino. Tollo vuole levarsi dalle “pastoie”, diremmo oggi, per cui, nonostante gli statuti senesi vietassero addirittura gli sposalizi tra maremmani e senesi, Pia sarebbe comunque diventata signora del Castelo di Prata.

Tollo, anche grazie al matrimonio con Pia, scende a patti con Siena e vi mantiene fede al punto che il castello di Prata gli viene concesso come libero da ogni controllo. Ma a questo punto viene il bello: non tutta la famiglia Pannocchieschi vede di buon occhio questa svolta filo-senese e così, una domenica, all’uscita della messa, messer Tollo da Prata viene ucciso a tradimento dai nipoti. Non ci mettiamo a descrivere i fatti d’arme che scaturirono da questo sangue versato ma, ancora una versione diversa (pensavate di essere usciti fuori dalle pastoie, vero?), dice che gli uccisori per cacciare da Prata la vedova l'abbiano affidata in custodia allo stesso Nello Pannocchieschi che già l'aveva (in quanto procuratore) condotta da Siena a Prata.

Dante Gabriel Rossetti, Pia de' Tolomei Spencer Museum of Art, University of Kansas, Lawrence, KS, USA

 

E poi Nello sposò Pia? E poi la uccise per sposare Margherita Aldobrandeschi? E Pia che vita ebbe?

Dopo tante congetture, dopo nomi che, sempre gli stessi, si rincorrono, la domanda da porsi è semplice: ci cambia davvero, nel mito di Pia, sapere chi in realtà essa fosse? Forse, per una volta, è meglio lasciare che la fantasia, il sogno, la leggenda, abbiano la meglio sulla storia.

 

(Immagine principale: Vincenzo Cabianca, Pia condotta al castello in Maremma, Firenze, Palazzo Pitti, 1860)