Anche noi poveri “lalli” chiusi nelle scuderie abbiamo capito che il 2020 non è un anno normale per i senesi, a causa di questo piccolo baco invisibile di nome Coronavirus.
In tutte le stalle della provincia si sentono nitriti sommessi.
Anche i cavalli sono preoccupati per la condizione umana di questo disgraziato periodo. Per la condizione umana? "Mah... bada te se questi poveri bischeri devono buttare via un anno di vita e tradizioni così".
Alla faccia della preoccupazione per gli uomini!
La situazione però inizia a essere complicata veramente anche per noi, non abbiamo più la compagnia e gli allenamenti specifici da fare per affrontare quel minuto di tre giri di corsa nella Piazza del Campo pieni di fatica, sorrisi, ansia, urla e pianti che ci accompagnano insistentemente nella "carriera" e ci danno il brivido, quello stato di eccitazione che nemmeno ci fa ragionare ma solo correre più forte e più veloce di quanto avessimo mai pensato di poter fare, senza complimenti per nessuno.
Quelli più assennati di noi, le teste meno calde, i meno giovani insomma, guardano con occhi più lungimiranti al futuro e vedono il pericolo reale che potremmo correre tutti a causa di questo "cosino" con la corona che ha invaso il mondo.
Gli uomini non sono impigriti, non passano le loro giornate a poltrire sui loro giacigli perché gli piace, ma perché ci sono costretti; devono restare chiusi in casa perché sennò si ammalano.
Il proprietario di Folgore è morto dopo essersi ammalato e a quello stallone rosso non ci pensa più nessuno, la sua stalla è sporca, lui ha la coda e la criniera tutta arruffata e nessuno lo porta più a fare neanche una sgambatura nei prati; ormai è chiuso lì dentro da settimane e scuote solo la testa, prima o poi impazzirà! Ma per adesso gli sfugge solo qualche lacrima pensando al poro Nando che riponeva in lui tante speranze: lo vedeva primo al bandierino e glielo diceva tutti i giorni quando lo riportava nella stalla dopo averlo allenato. Chissà invece adesso se riuscirà mai a vedere la Piazza e a mettere gli zoccoli sul tufo. Povero Folgore.
Con questo anno di Palio forse annullato anche la carriera di molti noi cavalli più o meno esperti potrebbe concludersi qui, per via dell’età, o perché i proprietari si procurano da vivere con noi che corriamo per un popolo innamorato dei nostri zoccoli, della tradizione del Palio e della loro contrada; i nostri padroni in questo caso sono costretti a venderci o a dichiarare bancarotta.
"Venderci?" esordì una cavallina dal buio della sua stalla in fondo in fondo al capannone.
"Certo! Venderci!" disse il vecchio Spazzolone. Lui aveva preso parte a tante batterie e ormai aveva rinunciato al sogno di correre in Piazza, era troppo anziano; dopo un attimo di silenzio riprese a parlare: "Venderci e al miglior offerente! Anche a un macellaio se paga bene".
La cavallina di prima nitrì forte: "Sia mai! Un macellaio mai! I senesi ci amano troppo per metterci nel piatto".
Era vero, i senesi nelle loro vite passate dovevano essere stati tutti cavalli, ci amano e ci rispettano e nessuno di loro, neanche quelli che da piccini non facevano merenda con pane e Palio in contrada giocando coi barberi, avrebbero mai assaggiato carne equina.
Una cosa però è certa, le parole di Spazzolone avevano gettato nello sgomento tutti i presenti. Nel silenzio delle tenebre rimbombavano le tetre e terrorizzanti parole nelle menti degli splendidi quadrupedi; nonostante scuotessero i loro musi non riuscivano a farle uscire né da un orecchio né dall’altro e riecheggiavano logorando loro l’anima.
I poveri cavalli durante la notte, tormentati dagli incubi e l’insonnia provocati da quelle frasi cupe, si agitarono molto. In lontananza se ci fosse stata una sola persona si sarebbe preoccupata o sarebbe scappata dal frastuono che facevano con i tonfi dati alle stalle e i nitriti di lamento che emettevano.
La mattina seguente a quella orribile notte, allo spuntare di un sole tiepido, che però gli riscaldava il cuore, mentre la luce entrava dalle fessure dei loro giacigli, pare spuntare in tutti gli animali un barlume di speranza.
Tutti i cavalli si misero a pensare ed escogitare un piano su come potevano risolvere la situazione e rendere migliore la loro vita di solitudine in quarantena.
Ognuno diceva la sua.
Ecco spuntare d’improvviso da Trappola la prima idea: "Bisogna restare nel box perché si potrebbe prendere anche noi il virus".
"Ma anche no bischero di un Trappola! Noi non si può prendere il virus, anzi sai che ti dico? Forse per i nostri proprietari sarebbe meglio che venissero a vivere qui da noi" rispose Schiribizzo.
D’improvviso il colpo di genio di Pinella: "Ecco cosa dobbiamo fare. Bisogna sfondare i recinti delle nostre stalle, potremmo così allenarci noi giovani come ci farebbero fare i fantini, mentre gli anziani potranno sgranchirsi le zampe. Potremmo prendere un po' di sole, aria buona, erbetta fresca, ma soprattutto potremmo dare immense gioie e soddisfazioni ai nostri proprietari dimostrandogli di essere indipendenti e pronti per affrontare nel 2021 un attesissimo Palio in cui tutti i senesi e contradaioli saranno esagitati, in fermento, più agguerriti che mai per questa lunga astinenza da Palio".
Tutti i cavalli, emozionati ed entusiasti di questa idea, iniziarono a tirare coppiole fino a buttare giù i cancelli. Ci riuscì persino la piccola puledra; tutti insieme finalmente liberi di godere quel meraviglioso caldo primaverile del sole sulla loro criniera.
Passano i giorni e nulla si stava risolvendo: i cavalli dopo un po' si stancano di stare sempre in quelle scuderie e girare sempre i soliti angoli e spiazzi.
Una cavalla anziana che parlava poco si fece avanti.
"Io sono Giuditta, una cavalla anziana che ha fatto le sue 'carriere' in Piazza, senza mai dare una vittoria alle contrade, vi propongo un’idea a chi se la sente di metterla in pratica. Le strade ora sono semi deserte e noi non ci troviamo tanto lontani dalla famosa Piazza dove nasce la verbena. Che ne dite di scavalcare ogni ostacolo e raggiungerla? Io sono anziana è vero, ma voi siete giovani e pieni di energie, andiamo lì, facciamoci vedere, e diamo a questi popoli un qualcosa in cui credere, in cui sperare, insomma una vera gioia! Verrò anche io, almeno potrò ripagarli per tutta quella speranza e fiducia che avevano riposto in me, ahimè purtroppo mal riposta".
Inutile dire che l’idea di nonna Giuditta fu accolta a furor di popolo sia tra gli anziani che tra i puledri.
Questa volta non servì né nerbo né mortaretto, che in un lampo furono tutti per strada, anche il vecchio burbero di Spazzolone e il giovane Folgore.
Tutti volevano riscattarsi per qualcosa, dare lustro ai proprietari, ai fantini e al proprio ego.
Dopo tanto sterro e asfalto ecco finalmente le "lastre": ecco spuntare dalle finestre i visi gioiosi, in lacrime, pieni di speranza, dei contradaioli sulla famigerata Piazza del Campo, al suono familiare dei nostri zoccoli, musica per le orecchie di ogni senese.
Abbiamo iniziato a correre fino all’ultimo respiro e tutti insieme abbiamo dedicato e regalato a loro questo Palio di tre giri senza fantini, senza contrade e tufo in piazza.
Uno spettacolo mai visto prima. Ma soprattutto gli abbiamo donato la speranza di tornare a vivere come prima, forse anche meglio, e la consapevolezza che la tradizione del Palio proseguirà per altri secoli.