Vi basti questo per capire l’importanza che assunse Giuseppe Bignoli detto Bagonghi nella prima metà del Novecento, quando ancora il circo equestre era spettacolo per pubblici raffinati, e anche per reali di ogni nazione.
“Al vegna mia grand! al vegna mia grand!” si disperava mamma Giovanna, in via Parini, periferia di Galliate, al di là della ferrovia Nord. E il papà Carlo, agricoltore, allargava le braccia rassegnato. “L’era distin….”
Nelle famiglie Bignoli e Martelli (la mamma) mai si era verificato un caso di nanismo. Anzi i fratelli del piccolo Giusipin erano alti e forti, Pietro Paolo e Lorenzo. Consultano medici dovunque, ma nano è nato e nano deve crescere. Anzi non deve crescere, perché arrivato a quota 85 centimetri Giuseppe Bignoli si blocca.
Scuole elementari fino alla sesta; piccoli amici che lo scherzano (i bambini sono cattivi!); la mamma che lo porta in giro per Galliate nella “scivera”, la cesta a spalla.
Lui, Giusipin, è molto intelligente e comprende la sua situazione. Cosa potrà fare nella vita? Nemmeno il commesso di negozio, arriva a malapena con gli occhi all’orlo del bancone… altri lavori? Impossibile.
Un giorno d’estate del 1906, Giusipin assiste ad una “mattinata” del circo Brizio-Pellegrini, in piazza a Galliate. Si diverte, applaude, mostra interesse per tutto, giocolieri, acrobati, clown. E d’improvviso gli frulla un’idea che realizza già il giorno dopo.
Lascia la sua culla vuota di Galliate e parte con il circo Pellegrini. Il padrone, Aristodemo Pellegrini, lo prende in simpatia, lo adotta e gli insegna i primi rudimenti del mestiere. La famiglia Bignoli è in crisi: vanno dai carabinieri, sembra che il circo si sia spostato in Francia, papà Carlo si porta addirittura al confine con la Francia, e i doganieri francesi gli ridono dietro: “Ah, les italiens! Tous fou!”, tutti pazzi.
La famiglia si rassegna finchè un bel giorno arriva una busta con dentro dei franchi francesi. Li manda al Giusipin per aiutare la famiglia e intanto spiega, come può, la sua fuga con il circo.
Da lì Giuseppe Bignoli da Galliate, nato e cresciuto nano, compie una carriera straordinaria, avventurosa, impareggiabile. Dal circo Pellegrini, circo da poveracci, viene assunto in Francia dal circo delle sorelle Rancy, specialiste in cavalli e in esercizi da cavallerizzo. Con le sorelle francesi, Bignoli che ha iniziato a far scrivere sui manifesti il nomignolo “Bagonghi”, impara l’arte del clown a cavallo, compiendo esercizi mirabolanti che strappano applausi scroscianti.
Sta diventando un “divo” nel suo campo. Il suo nome comincia a circolare fra gli esperti del circo e fra i molti padroni che girano l’Europa con la carovana. Addirittura la famosa “Domenica del Corriere” pubblica una copertina a lui dedicata, mentre si esibisce con i cavalli. Arrivano i primi soldi concreti che lui puntualmente manda ai genitori (una parte, ovviamente).
I giornali parlano di lui, specialmente “Il Gallo”, settimanale antico di Galliate, e i settimanali di Novara. Ne raccontano le gesta e i successi. Dopo le sorelle Rancy se ne va in Germania in un altro circo molto famoso ai suoi tempi, quello dei “Schumann”.
Perfeziona la sua tecnica di clown e di cavallerizzo; praticamente vive e dorme con i cavalli. Finchè nel 1910, quando compie i 18 anni, arriva una lettera sbalorditiva: lo vogliono in America!
Prima al circo Wirth, e poi la vetta il circo Barnum, Bailey, Ringling, il più celebre di tutto il mondo, sempre affamato di novità e di nuove sensazionali “numeri”.
Soldi, soldi, soldi. Bagonghi da Galliate raccoglie copiose paghe, restando al “Barnum” per sedici anni fino al 1926. Si esibisce tutti i giorni, sovente anche due volte al giorno. Con “numeri” nuovi da lui inventati; si veste da cosacco, da “Charlot”, da ussaro, da ballerina, eccettera. Il tutto per strappare un applauso, un sorriso, una risata.
Quelli del “Barnum”, oltre 3000 persone con 60 vagoni ferroviari, dotati anche di un Museo di personaggi “strani” (la donna barbuta, l’uomo con due teste e altre simili amenità) e di uno straordinario serraglio, vogliono bene al Bagonghi italiano che piace a tutti e che soprattutto è un professionista inappuntabile.
Giuseppe Bignoli resterà in America sino al 1926, partecipando anche a numerose tournées all’estero. In Australia addirittura si sposa con la nana australiana Irene Thompson, alta un metro; viaggio di nozze in Polinesia (a quei tempi!) e dopo nemmeno un mese il divorzio per “incompatibilità di carattere”. Sembra che la coppia si picchiasse un giorno sì e l’altro pure; inevitabile la separazione.
Ricco abbastanza per tornare a Galliate (dopo che il fratello Paolo l’ha raggiunto in America per aiutare Giusipin nei suoi “numeri” con i cavalli), ha il problema di portare i dollari in Italia con la nave. Idea strepitosa: Giuseppe conosce a New York un calzolaio italiano e si fa confezionare dodici paia di scarpe; nelle suole fa inserire diversi pacchetti di dollari, e il gioco è fatto.
Quando torna in Italia è accolto a Galliate come un trionfatore, come se avesse vinto il Tour de France. Un eroe! Un piccolo ometto che ha riscattato la sua natura sfortunata con una vita alla grande, da artista affermato, osannato e pagato.
Si fa costruire dalla “Fiat” un’auto speciale, una “Balilla” con i comandi adeguati alle sue misure; rimette a posto la casa dei suoi genitori in via Parini adeguandola alla sua altezza (maniglie basse, ecc.); gira per Galliate su un cavallo bianco (scena felliniana); va spesso a Novara a giocare le carte al caffè Lago Maggiore alla fine di corso Cavallotti. Si arrabbia se perde, dicono che cercasse anche in qualche modo di “truffare” in modo benevolo. Partecipa ai carnevali del tempo in testa alle maschere galliatesi. Una vita da film!
È un protagonista. Sempre presente a pantagrueliche cene con amici, diventa la “mascotte” di un altro celebre galliatese, il pilota Achille Varzi che sta diventando uno dei migliori corridori del mondo. Bagonghi segue Varzi quando può e vede vincere l’elegante Achille tante gare importanti come a Monza e la Mille Miglia.
Problema: a Giuseppe Bignoli, detto Bagonghi, piacciono le donne. Certamente al “Barnum” aveva molto materiale a disposizione, di ogni tipo e razza. Qui in Italia è più difficile. Gli propongono una signora nubile di Trecate ma l’affare non si combina.
Trova poi la compagna “ideale” in una signora di Borgomanero, Teresa Ravetti, che resterà vicino al suo Giusipin per tutta la vita.
Tutte queste notizie sono ampiamente documentate da centinaia di fotografie che Bagonghi ha lasciato in eredità ad una nipote, Giovanna. Noi a suo tempo ce ne siamo impadroniti e con l’aiuto del prezioso amico galliatese Ermanno Turino (purtroppo scomparso), ce ne siamo serviti per pubblicare un libro di grande successo, esauritissimo. Che meriterebbe una ristampa.
La grande funambolica storia del nano galliatese si conclude tragicamente nel pomeriggio del 6 settembre 1939. Giusipin Bignoli si avventura sul Ticino, il suo amatissimo fiume. Manovra un sandolino che non regge alle correnti sotto il ponte. E si rovescia. Bagonghi non riesce ad afferrarlo, è travolto e trascinato dalla corrente. Scompare.
La notizia arriva a Galliate e poi a Novara, Trecate, Romentino. Si organizzano le ricerche con pompieri, carabinieri, guardie forestali e gente comune con lanterne nella notte.
Il corpo morto di Giusipin BIgnoli viene ritrovato due giorni dopo su una piccola spiaggetta del Ticino presso Cuggiono, già provincia di Varese. Il fiume ha restituito la salma.
Funerali straordinari per chi li visse. Raccontavano che il fascismo lo onorò come un eroe con tutti i gerarchi vestiti di bianco, in testa il sindaco e le maggiori autorità provinciali e comunali.
Il nano Bagonghi era vissuto soltanto 47 anni, ma chi avrebbe mai pensato che un piccolo ometto sfortunato riuscisse a cambiare la sua vita in un’autentica opera d’arte?