Da secoli i cavallucci, insieme ai panpepati, costituiscono i dolci tradizionali di Siena. La ricetta degli odierni cavallucci è infatti assai simile (anche se oggi lo zucchero ha sostituito in parte il miele) a quella antica dei “bericuocoli”: entrambe le preparazioni uniscono a una certa rusticità le abitudini pasticcere dell'Oriente, importate a Siena fin dal Medioevo, e in entrambe risulta predominante il gusto forte, che vede il trionfo di spezie varie tra cui cannella e anice in polvere.
Nel Quattro-Cinquecento era abitudine consolidata nella nostra città offrire per alcune ricorrenze ai Signori del Concistoro, ai magistrati in carica e al personale del Comune un certo numero di panpepati e “bericuocoli”, così come era usuale omaggiare i personaggi illustri in visita a Siena con il dono di tali dolci, spesso presentati in eleganti scatole dipinte.
Anche Madama Margarita d'Austria, figlia naturale ma legittimata dell'imperatore Carlo V, in occasione del suo passaggio a Siena nell'ottobre 1538 fu sontuosamente festeggiata e ricevette il tradizionale dono dei “bericuocoli”.
Nell'autunno 1538 la duchessa Margarita lasciava infatti Prato, dove aveva vissuto alcuni mesi da giovanissima vedova, e si dirigeva alla volta di Roma. Mentre la carrozza la trasportava verso Siena, la piccola e minuta figlia dell'imperatore, stanca e affaticata per il viaggio, si lasciò andare ai ricordi... Il marito, il duca Alessandro dei Medici detto il "Moro" (figlio del cardinale Giulio dei Medici, poi papa Clemente VII e di una schiava di colore), era stato assassinato la notte dell'Epifania del 1537 mentre si recava a un convegno amorso… e lei stava per raggiungere a Siena per una sosta di alcuni giorni, in attesa che il suo augusto padre la informasse delle decisioni da lui prese sul suo futuro e che concernevano senz’altro un nuovo matrimonio. La sosta era attesa con piacere, perché la sedicenne duchessa pregustava i festeggiamenti con cui i senesi avrebbero senz'altro onorato un membro della famiglia imperiale, forse loro prossima signora, almeno a quanto si diceva...
Il primo a salutarla a due miglia da Siena fu Alfonso Todeschini Piccolomini, feudatario di Carlo V in quanto duca di Amalfi e capitano generale delle armi di Siena, dove rappresentava ufficialmente l'imperatore: Alfonso era una figura di primo piano più per parentele - era cognato del marchese del Vasto capitano generale delle truppe imperiali - che per grandi doti personali, comunque la duchessa gli sorrise graziosamente e accettò i suoi forbiti complimenti.
Giunta in città, fu sistemata in casa di Fabio Venturi, dove nei giorni successivi venne omaggiata da tutta la nobiltà cittadina. A Siena fu finalmente raggiunta dalla notizia ufficiale delle sue nuove nozze con Ottavio Farnese, nipote del pontefice Paolo III, come deciso da suo padre Carlo V allo scopo di consolidare l'alleanza tra Papato e Impero.
La giovane lasciava con un certo rimpianto la rinascimentale Firenze; a sua consolazione portava con sé gioielli e mobili ereditati dal defunto marito e poteva contare su una 'pensione' di 8.000 ducati annui relativa ai beni di famiglia lasciati a Cosimo.
Certo il ducato di Nepi, di cui al momento era signore il promesso sposo Ottavio, non era paragonabile a Firenze dove Margarita aveva vissuto per circa tre anni, ma il pontefice Paolo III Farnese, suo nuovo zio acquisito, le faceva intravedere con mille azioni un futuro radioso... Alle ricchissime gioie e vesti mandate a Siena dal pontefice alla futura nipote, si era infatti aggiunta la concessione del cappello cardinalizio allo spagnolo Pietro Sarmiento, figlio del conte di Salimes, arcivescovo di San Giacomo e accompagnatore della duchessa.
Intanto, il collegio di Balìa, avvertito da Paolo III delle imminenti nozze tra Margarita d'Austria e Ottaviano Farnese e della nomina del nuovo cardinale, era andato al completo a visitare l'illustre Madama e il suo accompagnatore Pietro Sarmiento, proclamando tre giorni di pubbliche "allegrezze". A sua volta Alfonso Todeschini Piccolomini volle che i festeggiamenti per le future nozze rimanessero per la giovane donna indimenticabili e che come tali venissero riferiti all'imperatore. Certo la Balia e il Todeschini gioivano anche per lo scampato pericolo, ben consapevoli del fatto che nelle trattative delle nozze Siena aveva costituito un oggetto di contrasto tra l'imperatore e il papa: Carlo V aveva però rifiutato le pretese di Paolo III, che avrebbe voluto compresa nella dote di Margarita anche la nomina di Ottavio a governatore di Siena… Occorreva quindi dimostrare la propria gratitudine all'imperatore che non aveva mutato la sua linea politica nei confronti dello stato senese.
Dai carteggi diplomatici dell'epoca sappiamo che Carlo V non aveva avuto nessuna intenzione di cedere Siena ai Farnese, anche se reputava che le voci ricorrenti in tal senso tenessero a freno i senesi, i Medici e il papato.
Durante la solenne messa celebrata nella cattedrale il giorno 20 ottobre la duchessa, attorniata dalle sue dame e dalle nobildonne senesi, assisté all'investitura del nuovo cardinale Pietro Sarmiento da parte del nunzio del papa, alla presenza dell'arcivescovo di Siena.
"Presenti" in cera, marzapani, confetti e "biricuocoli" in scatole finemente decorate furono offerti "a Madama, al rereverendissimo cardinale e a don Lope", probabilmente don Lopez de Soria già comandante delle truppe spagnole a Siena. La cera fornita da Marcantonio Marretti e compagni costò lire 288.9, mentre i dolci senesi preparati da Antonio "rettore" dell’Arte degli speziali e soci altre lire 131.13.
Il notaio ser Mino, lo 'spenditore' che sovrintendeva a tutti i festeggiamenti - ricompensato con lire 8 "per sue fadighe"-, redasse un'accurata lista delle spese occorse per "honorare la signora Duchessa figlia di Sua maestà". Per meglio ospitare Margarita e i 'suoi' fu necessario unire il palazzo di Fabio Venturi a quello contiguo di "messere Mario" per mezzo di un uscio successivamente murato (con una spesa di lire 4). Per "Madama” e tutto il suo corteggio occorrevano senz'altro tanti letti: Francesco "matarazzaio pagato lire 12. 12 "per fattura di sacconi"; Pietro di Memmo e compagni avevano procurato le lenzuola per i letti degli ospiti, ma nella confusione ne sparirono quattro, così come si perse un lenzuolo prestato da Giovanni Mandoli. Il Comune indennizzò Pietro con lire 16 e il Mandoli con lire 14, evidentemente il suo lenzuolo era di qualità più raffinata.
Occorreva poi imbandire la tavola: i fornai Moretto e Santi procurarono rifornimenti di pane per un totale di lire 78, mentre Antonio ceraiuolo provvide al vino rosso che costò lire 77.10, così come Bindotto "trecone" che reperì cinque barili di vino per lire 22.10. Il beccaio Anselmo ricavò oltre 60 lire dalla vendita di vitelle e castrati e Achille pizzicaiolo lire 4 da quella del "pesce grosso", mentre lo Spagna pizzicaiolo ebbe 4 lire "per uno paio di barili". Il vino scorreva a fiumi tra i cortigiani di Madama.
Per festeggiare la figlia dell'imperatore non erano necessari soltanto cibi prelibati: maestro Giovanni ebbe lire 45.10 "per la dipentura dela arme e tondi fatti nuovi in tutto", Brunetto "ammaiatore" e ser Paolo - probabilmente un prete - furono ricompensati, con lire 10.10 l'uno e con lire 5 l'altro, per coprire e ornare con rami verdi e fiori il Duomo e le vie da dove passava il corteo che scortava Madama. Un altro sacerdote, ser Aloyso Boninsegni, ebbe lire 12.5, probabilmente per le messe celebrate. Altre lire 139 furono spese in cera per l'illuminazione, fornita dall'erede di Giovanni Battista Guglielmi e compagni. I panni di raso, adoperati negli addobbi, furono forniti da Virgilio Mescolino, ricompensato con lire 22.10, e da Antonio Palusa che ebbe lire 14 "per perdita di uno suo panno di razzo". Furono necessari anche lavori di falegnameria eseguiti da Salomone e da un "maestro di legname sta sotto casa Pecci".
Di confusione ce ne fu davvero molta: il seguito della figlia dell'imperatore era composto da molte persone e i senesi - nobili e non nobili - si affannavano per partecipare a banchetti, messe e cortei. Finirono perse in mezzo al marasma generale addirittura "cinqua cabie da piccioni", tanto che il pollaiolo fu indennizzato dal Comune con lire 3.10.
Il giorno 21, Madama e il nuovo cardinale partivano verso Roma, scortati per un tratto da una comitiva di numerosi ed eleganti giovani. Il segretario Alessandro Biagi aveva organizzato il fastoso corteo, anch'esso a carico delle casse del Comune: i "nostri che si mandorno a compagnare la duchessa per farla sposa" furono infatti pagati con 140 lire.
A due miglia fuori di Siena, la giovane donna fu salutata con ossequio da Alfonso Todeschini Piccolomini che per tutto il periodo della permanenza a Siena della figlia dell'imperatore si era affannato a compiacerla e che ora la vedeva partire con un certo sollievo.
Nella sua carrozza con lo stemma imperiale Madama si avviò verso il suo destino...
Margarita d'Austria - duchessa di Firenze, di Nervi e poi di Parma e Piacenza - fu per ben due volte sposa per ragione di Stato, ma l'infelicità privata fu ampiamente ricompensata dall'attivo ruolo politico da lei svolto che culminò nella reggenza delle Fiandre in nome dell'imperatore.
La lista delle spese sostenute dal comune di Siena per i festeggiamenti in onore di Margarita d'Austria è conservata in ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Concistoro, 2215