Sebbene possa sembrare strano, un filo comune lega alcuni luoghi storici della città di Siena con alcune località della campagna senese poco note e tutto nel nome di una delle famiglie che nei secoli passati lasciò un importante segno nelle vicissitudini politiche senesi: quella dei Petrucci.
I luoghi dei quali parleremo sono: l’Abbazia di San Michele nel Poggio San Donato di Siena (in Piazza dell’Abbadia), le località di More di Cuna (Monteroni d’Arbia), di Monselvoli (Asciano) e dell’Osservanza (Siena, nei pressi dell’omonima Basilica).
Ciò che per molti anni fece da comune denominatore per questi luoghi fu l’Ordine Militare Cavalleresco di Santo Stefano.
Quest’ordine fu fondato nel 1561 da Cosimo dei Medici all’indomani della vittoria nella “Guerra di Siena” e riservato ai membri delle famiglie di rango. Secondo le volontà medicee esso doveva difendere le coste toscane dalle incursioni dei turchi e dare manforte agli eserciti cristiani.
La sede scelta fu Pisa e tra le proprie fila militarono molti rampolli di famiglie senesi come i Marescotti e i Petrucci che, furono anche i primi fondatori delle “commende stefaniane” nella nostra area. Esse, tecnicamente si dividevano in tre categorie: di grazia, di anzianità e di patronato.
Le Commende di Patronato erano le più importanti ed erano istituite da privati. I beni passavano poi per successione maschile ai primogeniti e, nel caso di estinzione del ramo maschile, tornavano alla casa-madre dell’Ordine.
Tra il 1565 e nel 1572 a Siena furono istituite ben due Commende dai Petrucci, una delle quali, la più antica, ebbe origine da beni ecclesiali situati in Piazza dell’Abbadia, quelli anticamente appartenuti ai monaci Vallombrosani. Ad essi furono accorpati altri beni ed altre pertinenze di “campagna” localizzate nelle località di Monselvoli, More di Cuna e Osservanza.
Era il maggio del 1565 quando Papa Pio IV aveva trasformato la commenda ecclesiale dell’ex monastero vallombrosano di San Michele nel Poggio San Donato di Siena assegnandola ad Antonio Petrucci ed alla sua famiglia, essendo egli in quei tempi proposto della Cattedrale senese.
Essa era formata dall’attuale chiesa dietro a palazzo Sansedoni, con alcuni fabbricati adiacenti, una tenuta in località Monselvoli con villa, chiesa di San Jacopo, cinque poderi ed un bosco, un podere nel comune di Cuna denominato Casalone ed uno in quello di Capraia detto dell’Osservanza.
I beni di Monselvoli comprendevano un’area vasta, circoscritta a nord dal borgo di Presciano ed i torrenti Arbia e Biena, mentre a sud da San Giovanni a Collanza e Salteano sulla riva sinistra del fiume maggiore. Alla tenuta di Monselvoli appartenevano anche beni in località Panzanine, Splandole, Prato Grande, Prato al Barbiere, Ponte a Cerreta, Fonte Mosci, San Giovanni, Medane, oltre a Monselvoli stesso con villa, casa padronale e chiesa come già detto. Alcuni di questi toponimi sono scomparsi, ma altri ancora in essere. Nel 1683 tra i beni di Monselvoli compaiono alcuni poderi dati a mezzadria ed esattamente Fonte, Paradiso, Camposodo, Boscarello e Capanne, mentre ad inizio 1700, quando era commendatore Giovan Maria Donato Petrucci, erano entrati nel contenitore anche i poderi di Orsacci e Poderucci presso Presciano ed una piccola unità abitativa nei pressi di S. Eugenia alle porte della città.
A Presciano il Petrucci aveva, sempre per conto dell’Ordine, anche due boschi, uno detto “di Mosciano” e l’altro detto “delle Gamberaie o del Bozzone”.
I beni di città invece consistevano ne “l’habitazione in forma di Convento, unita con la chiesa di San Michelangiolo” e tutto un gruppo di otto case vicine all’Abbadia, nel “Chiasso Buio” in “Contrada Orbachi”, una “Chasa del Giuocho”, un’altra casa “spalcata dai soldati” e una bottega “da calzolaio davanti al Palazzo de’ Cerretani sopra la Costarella”, oltre a due capanne affittate. Gli stessi beni continueranno a far parte della Commenda Petrucci anche alla fine del Seicento.
Nel 1683 i padri Carmelitani di Siena chiesero e ottennero dal Granduca Cosimo III la concessione del Convento e chiesa di San Donato in Poggio in cambio di una somma valutata in cento scudi da dare al Commendatore Petrucci.
Nel 1716, quando era commendatore Giovan Maria Donato Petrucci, che tra l’altro ricopriva l’incarico di “massaro” del Monte di Pietà di Siena, risultano anche alcune case nella contrada della Lupa.
La Commenda aveva possessi anche nel comune di Capraja che venivano descritti come “un poderetto con due loghetti all’Osservanza”. In seguito troviamo che il poderetto in questione prendeva il nome di “Selvina”.
Il podere denominato Casalone nel Comune di Cuna era formato da due unità abitative e fece parte fin da subito della Commenda. Si trovava nella località “More” tra la strada statale Cassia ed il fiume Arbia, non lontano dal famoso “Molinello”, anch’esso lungo la via. L’altro podere apparteneva invece al Santa Maria della Scala ed era amministrato dalla vicina Grancia di Cuna. Nel 1773 i due beni vennero accorpati per acquisto da parte dell’Ospedale di Siena e la parte dei Petrucci fu scorporata dai beni della Commenda.
Nel 1789, Giovanni Saverio Petrucci, ultimo figlio maschio “bastardo” della dinastia, cercò di regolarizzare la sua posizione araldica presso il Granduca, con supplica di essere accettato nell’Ordine nonostante non possedesse tutti i requisiti di “sangue” in mancanza dei quarti di nobiltà da parte di madre. In pratica cercò di entrare in possesso della Commenda senza l’obbligo di vestire l’abito e ci riuscì. Morì però nel 1795 a soli trentasei anni lasciando due figlie piccole.
La regola in questo caso prevedeva che tutti questi beni tornassero nella disponibilità dell’Ordine di Santo Stefano, ma una causa intentata dalle eredi femmine del Petrucci riuscì per la prima ed unica volta nella storia degli ordini militari a permettere, forse per la riconosciuta indigenza delle figlie di Giovanni Saverio, un riconoscimento ereditario anche al femminile.
Alcuni di questi beni, quelli di Monselvoli per la precisione, furono straordinariamente lasciati nelle disponibilità delle donne Petrucci.