Siena può vantare un Rinascimento davvero precoce, grazie a un’erudizione che aveva legato da subito la nostra città a Roma, anche per contrapposizione alla nemica di sempre, Firenze.

Ne fa fede un esempio illustre di “pittura politica” nel Palazzo del Comune: qui i governanti di Siena, nel 1415, hanno fatto dipingere a Taddeo di Bartolo uomini famosi e virtuosi sulle pareti dell’anticamera del Concistoro, cioè nella stanza dalla quale si entrava nell’ufficio dei “signori”, coloro che dirigevano la “macchina” della Repubblica di Siena. Proprio per queste funzioni paradigmatiche rivolte ai “signori” stessi e ai visitatori, Taddeo realizzava un grandioso ciclo pittorico: nella parte superiore raffigurava le allegorie delle Virtù necessarie al buon esercizio del potere (Giustizia, Magnanimità, Forza, Prudenza e Religione); sotto poneva una galleria di personaggi che per le loro gesta e la loro storia avevano contribuito alla formazione della Roma repubblicana, come Catone, Muzio Scevola, Scipione e altri; sull’arco di ingresso verso la vicina Sala del Mappamondo, dipingeva poi la Pianta della Roma del tempo, circondata ancora dai personaggi più importanti della cultura antica.

A Siena Il precoce recupero della cultura classica, sorretta dai professori dello Studio, ebbe come conseguenza il consolidarsi, tramite le supposizioni di alcuni eruditi, di una storia leggendaria che legava le origini della nostra città a Roma, come testimoniato dal “mito” di Aschio e Senio e dalla scelta come simbolo della Lupa romana. Nella leggenda però si nasconde forse la verità sulle origini etrusco romane di Siena, seppure assurta alla dignità di colonia romana soltanto in epoca medievale.

Comunque i senesi del tempo sapevano unire il nascente spirito rinascimentale alla forte permanente religiosità medievale: sull’alzata della parte opposta all'ingresso, i governanti commissionarono allo stesso Taddeo di Bartolo un monumentale San Cristoforo. Una raffigurazione consueta, specie nelle città meta di pellegrini e viaggiatori, perché la sua vista era apportatrice di protezione contro la morte improvvisa: il Santo veniva dipinto di proporzioni gigantesche, sia perché così lo descrivevano gli agiografi, sia perché fosse ben visibile a tutti. Nel caso dell’affresco nel palazzo comunale, la grandiosità della rappresentazione si deve, oltre alle motivazioni citate, anche al culto cittadino per San Cristoforo, nella cui chiesa era stato in precedenza ospitato il Comune, prima dell’edificazione del palazzo sulla piazza del Campo.

 

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