I ruderi dell’antico monastero benedettino di Santa Maria Assunta, oggi conosciuto col toponimo di “conventaccio”, giacciono non lontano dal centro abitato di Montefollonico ed ancora testimoniano il suo glorioso passato.
Esso fu un importantissimo luogo di culto ma, sfortunatamente collocato in un’area di confine continuamente martoriata da scontri bellici, religiosi e politici.
Era infatti ubicato proprio sulla linea di confine tra il comune di Montefollonico (castello senese) e quello Montepulciano e quindi ebbe a patire numerosi danni, molti dei quali riconducibili agli scontri tra i poliziani ed i senesi, ma non solo, visto che fu oggetto di quelle secolari contese tra il vescovo di Siena e quello di Arezzo per i possedimenti di alcune pievi. Non mancarono nemmeno le numerose scorrerie perpetrate in quell’area dalle compagnie di Ventura nel XIV secolo e le battaglie della “Guerra di Siena” (1553-1555) contro gli imperiali (Firenze e Spagna).
Ripercorrendo quanto già sappiamo, la fondazione di questo monastero risale al 1109, data che era scolpita all’ingresso della chiesa dove era riportata l’iscrizione “MCVIIII Intrantes Laudate Sanctam Mariam”. Successivamente ci sono altri documenti nei quali viene citato il nostro cenobio benedettino e sono atti risalenti al 1123, agli anni 1170-1180 e al 1220, tutti relativi alla citata controversia tra i vescovi di Siena e di Arezzo. La storia di questa lunghissima diatriba, passata agli annali come quella delle “pievi contese” vide susseguirsi atti militari e ricorsi a sentenze papali, nelle quali prevalsero quasi sempre le ragioni del vescovado aretino, eccetto per la sentenza del 1123 nel quale papa Callisto II affidò per breve periodo le pievi in questione a Giovanni, Vescovo di Siena. Controversia che si chiuse definitivamente nel maggio 1220 in favore di Arezzo con una Bolla di Papa Onorio III.
Altre notizie ci raccontano poi di come, a partire dal 1228/1229, l’abbazia subì danneggiamenti a causa delle ripetute guerre tra Siena e Montepulciano, come si evince da un documento nel quale i senesi chiesero ufficialmente il rimborso ai montepulcianesi per i danni che questi ultimi avevano arrecato a Montefollonico e al suo circondario.
È dell’anno successivo, il 1229, un primo tentativo di rappacificazione tra Siena e Montepulciano al quale fu presente anche un abate di Santa Maria Assunta.
Non sappiamo esattamente quanti e quali beni i frati possedessero in quel periodo, ma certo di immobili e di terre dovevano averne molte, come ci dimostrano due atti del 1232 e del 1233 nei quali un certo Don Giovanni, abate del nostro monastero, diede in affitto delle terre appartenenti all’abbazia di S. Maria di Follonica a tale Mencolino, rettore dello “spedale dell’Orcia”, oggi identificabile con la località di Spedaletto (Pienza). Con tale trattato Mencolino si obbligava a pagare all’abbazia un censo di tre soldi all’anno e di dare “obligo d’albergaria” cioè alloggio per due scudieri e due cavalli quando gli abati si recavano a Bagni Vignoni.
Un altro danneggiamento della nostra abbazia e dei suoi beni avvenne nel giugno del 1252: “Montepulcianenses fueront afflicti da Dominis Alberto paganello Iudice et Pepone Jacobi et Bernardino Joannis capitaneis senensibus in Comitatu Senarum in Curia Montis Follonicae in loco dicto Salarco”.
Pochi anni dopo i benedettini abbandonarono Santa Maria Assunta e furono sostituiti dagli agostiniani, come dimostra un documento del 1261 nel quale si stabilisce la riunione del Convento di Montefollonico, ai Frati Eremiti di Sant’Agostino.
Forse la morte di Papa Alessandro IV (25 maggio 1261), avvenuta solo un mese dopo l’emanazione in favore degli agostiniani rallentò in qualche modo il passaggio di consegne, tanto che nel 1262 ancora vi dimoravano i benedettini. Infatti una Bolla del nuovo papa Urbano IV, data in Viterbo nel luglio del 1262, intimava al Podestà e al Comune di Siena di revocare un bando contro l’abate e i frati di “Santa Maria di Monte Follonico dell’Ordine di S. Benedetto” con la quale si esortavano i cittadini di Montefollonico ad emanciparsi dalla soggezione spirituale e temporale della sopra citata abbadia.
Nei mesi successivi, abbiamo la certezza della profonda crisi economica in cui versava l’abbazia di Santa Maria Assunta, ancora in mano ai benedettini, costretta alla vendita di alcuni suoi beni per risanare le criticità finanziarie.
Diversi documenti (anni 1263, 1264) ci indicano infatti come Rustico Alessi, allora Sindaco del monastero di Sancte Marie de Fullonicho dell’Ordine di S. Benedetto, col consenso di Don Stefano abate della stessa abbazia, per soddisfare alcuni debiti che detto Monastero aveva con diverse persone, vendé tutto un tenimento con terre, prati, mulino, gora, e tutto ciò che il citato Monastero aveva posto lungo il torrente Salarco.
Anche successivamente, nell’ottobre 1268, giunse la licenza concessa ai monaci di Santa Maria da Guglielmo Vescovo di Arezzo di poter vendere altri loro beni fino alla somma di 300 Lire senesi per soddisfare i loro debiti.
Nel 1273, gli stessi beni che l’abbazia di Montefollonico aveva venduto al cittadino senese Ranieri del fu Buonaguida furono da quest’ultimo rivenduti a Ranieri del fu Bonaccorso di Montepulciano con un atto stipulato nella Pieve di Pagina (Pacina, una delle pievi contese e una delle più vicine alla città di Siena).
Molto probabilmente, una volta che l’abbazia di Santa Maria, ancora nelle mani dell’abate Don Stefano, ebbe riscosso questi denari, provvide al suo restauro, che si concluse nell’anno 1275, come si evince dall’iscrizione che esisteva su un pilastro di quella che fu la chiesa abbaziale: Anno Domini MCCLXXV tempore Domini Stephani Abbatis hoc opus factum.
Nel 1297 le contese sul possesso della nostra abbazia non erano ancora terminate e anche nel 1305 nuovi litigi avevano reso necessario l’intervento delle autorità.
Per questo il nuovo Priore di S. Maria di Montefollonico, frate Alberto, decise di dare mandato di procura a due abati del suo Ordine, tale fra Niccolò da Rocca e fra Leonardo d’Aiuto, affinché si adoperassero per “intentare, trattare e finire tutte le liti del detto convento”.
Nello stesso periodo però, anche tale Don Jacopo di Ventura da Castiglione vantava di essere titolato alla guida ed ai possessi della medesima abbazia.
In un atto agostiniano del 1306, quest’ultimo viene definito “sedicente abate” e subisce una sorta di processo dai vertici dell’Ordine. Al termine, fu emessa una sentenza del seguente tenore:
“Attentato di Don Jacopo di Ventura da Castiglione, sedicente abate del monastero di S. Maria di Follonica posto nel castello di Montefollonico…tendente a provare per la verità che il detto monastero di Follonica appartiene al convento di S. Agostino di Siena e non ad altri e nemmeno a lui stesso che ne avea mosse delle brighe e dichiarando aver cognizione di una concessione di Don Guglielmo Vescovo aretino confermata poi da Alessandro IV Papa”.
La decisione, anche se ufficiale, non sortì la pace sperata ed i monaci agostiniani furono cacciati dagli abitanti di Montefollonico che evidentemente parteggiavano per l’altro litigante, tanto che nel luglio del medesimo anno (1306), il Comune di Siena ordinò al “Comune e Consiglio di Montefollonico” che i frati di S. Agostino che erano stati “violentemente scacciati da alcuni cattivi uomini” fossero ristorati ed immediatamente rimessi in possesso della loro Badia. Appena un mese dopo un nuovo ordine del Comune di Siena intimava la protezione degli Eremitani di S. Agostino e l’aiuto affinché riprendessero e conservassero il possesso dell’abbazia di Santa Maria.
I guai per la nostra Abbazia non erano certo terminati e così nel 1310 il vescovo d’Arezzo Ildibrandino emanò una bolla diretta all’Arciprete di Cortona perché esaminasse i “titoli” di Don Pace, il quale si professava, forse ingiustamente, “abate di S. Maria di Montefollonico”.
Nel 1408, il declino doveva aver raggiunto un punto di non ritorno, tanto che il convento fu riunito, con i rimanenti beni in suo possesso, alla chiesa di S. Leonardo di Montefollonico, S. Angelo e S. Giuliano di Torrita, S. Martino di Montisi, S. Egidio e la Pieve di Gracciano.
Quando nel 1462 fu istituita da Pio II la Diocesi di Pienza (Bolla concistoriale del 13 agosto) il pontefice decise di assegnarne il comando a cinque canonici con una sola dignità: il preposto, il pievano e tre mansionari.
Nel 1463, i restanti beni dell’abbazia di Montefollonico furono donati ad uno dei sopracitati canonici, tale Domenico di Stefano, con questa dizione: “al canonico Domenico di Stefano l'abazia di S. Maria de' Benedettini a Monte-Follonica”.
Nel 1465 la stessa fu unita al monastero di San Martino di Siena e questa dipendenza fu confermata da papa Adriano VI nel 1522. Sulle successive documentazioni che riguardano il monastero di Montefollonico ed in particolare sulle relative visite pastorali (visita Bossio del 1576, visita Cinughi del 1717 e visita Piccolomini del 1742) non mi soffermerò perché già abbondantemente e precisamente sondate in un saggio di Felicia Rotundo di qualche anno fa e a cui va riconosciuto il merito di aver cominciato a diradare le nebbie storiche di questa antica ed importantissima Abbazia.
Questo mio articolo è un piccolo riassunto di un approfondito saggio che è stato pubblicato quest’anno sulla rivista numero 10 di Torrita, storia arte e paesaggio e che è possibile reperire presso il Circolo Culturale Fra Jacopo da Torrita. (naturalmente per gli appassionati che volessero i riferimenti storici ed archivistici del caso).