Vicino al borgo di San Giovanni d’Asso sorge la chiesa di San Pietro in Villore, autentico esempio di stile romanico senese con influenze sicuramente lombarde e francesi. Sebbene la parte superiore sia in cotto (perché frutto di un rifacimento posteriore), la parte sottostante (cripta compresa), ci dà l’idea della sua antichità e della sua collocazione che dovrebbe aggirarsi attorno ai primi decenni dell’anno mille. Non abbiamo molte notizie sugli antichi fasti di questa chiesa, ma alcuni documenti ci fanno supporre che avesse notevole importanza. Per comprendere meglio la storia di questo edificio di culto occorre fare chiarezza su ben quattro chiese (compresa la nostra), che gravitano qui intorno: la Chiesa di Santa Maria di Pava (poi Pieve), la Pieve di S. Pietro a Pava, la Chiesa di S. Pietro in Villore (Canonica) e la Chiesa di S. Giovanni nel borgo di S. Giovanni d’Asso. Partiamo dalle prime due.
La più antica di memoria dell’antica “Pieve di Pava” ci giunge addirittura dal periodo dei Longobardi, quando, assieme ad altre chiese dei dintorni (quelle ad esempio di Montefollonico, di Monterongriffoli ecc…) fu oggetto di contesa tra i Vescovi di Siena e di Arezzo. Il territorio in oggetto, rivendicato dai due vescovadi, comprendeva per l’esattezza 21 pievi, 7 chiese, 3 basiliche, 4 monasteri. Una contesa famosa nella storia perché durò centinaia di anni e coinvolse Gastaldi Regi, Papi ed Imperatori (Liutprando in persona), ma non solo: ebbe anche episodi di sangue. Quasi sempre però, esclusa una sola volta, i giudicati pesarono dalla parte del Vescovo di Arezzo scontentando Siena ed i senesi. Questa nostra chiesa di Pava dunque è citata fin dal periodo longobardo (anni 714-715) sotto il nome di S. Pietro a Pava, ed anche nel periodo dei Franchi a metà tra l’800 e il 900.

La sua antica ubicazione era nella pianura di Pava dove, recenti ed importantissimi scavi, hanno portato alla luce una chiesa pre-romanica risalente niente di meno che alla fine del 400 d.C.

Questa Chiesa di Pava è un rarissimo esempio di edificio ad absidi contrapposte con pochissimi eguali in Italia (molti in Spagna e nord Africa) e che sembra sia rimasta attiva almeno fino al 1100, anche se di forma strutturale diversa (prima senza un’abside, poi senza tutte e due, rimase infine di forma rettangolare).

Questa chiesa di Pava dunque, compare in diversi documenti scritti a partire dall’anno 714, ma è chiamata alcune volte “Santa Maria di Pava” ed altre “S. Pietro di Pava”. In realtà, andando a consultare le carte vediamo qualcosa di diverso.

La Pieve di Pava viene definita “baptisterium S. Matris Ecclesiae in Pava” soltanto una volta e precisamente nel Giudicato dell’agosto 714, mentre per ben tre volte, in altrettanti documenti, viene definita come “Baptisterio Sancti Petri in Pava” un anno dopo (marzo, giugno e luglio 715). Va tenuto conto che la traduzione esatta della prima dicitura non è Santa Maria di Pava, ma “Santa Madre Chiesa in Pava” quindi, contrariamente a quello che si è sempre scritto fino ad ora, nelle carte del periodo Longobardo la chiesa in questione era quella di S. Pietro a Pava e non di Santa Maria e si trovava quasi sicuramente nel luogo degli scavi archeologici.

La pieve nuova di Santa Maria di Pava e quella di San Pietro a Villore

A partire dal 1200 cominciamo a trovare le attestazioni di queste due chiese, tutte e due vicinissime a quella antica rinvenuta dagli archeologi e tutte e due ancora in piedi e visitabili. La prima, chiamata di “Santa Maria” è ubicata sulla collina sopra l’antica Pieve, mentre la seconda chiamata “S. Pietro in Villore” è più vicino al castello di S. Giovanni d’Asso. Tutte e due, di inconfondibile stile romanico e tutte e due con vistosi rifacimenti successivi, sembrano essere nate poco dopo il Mille, ma mentre della prima rimangono pochi particolari architettonici, della seconda sono ancora visibili splendide decorazioni ed importanti elementi di interesse artistico.

Ma quale di queste due sostituì la vecchia Pieve di S. Pietro a Pava?

Della vecchia Pieve in pianura si parlerà ancora per l’ultima volta in una carta aretina del 1029, dopo di che nulla. Pochi anni dopo invece, ed esattamente nel 1045, compare la “nuova” Pieve Santa Maria in Pava ed ecco che sappiamo quale delle due ereditò il Fonte Battesimale ed i privilegi ecclesiastici. E’ sicuramente in questo periodo di transizione che l’originaria chiesa di pianura verrà abbandonata e finirà per decadere, anche strutturalmente. Nel 1320 infatti doveva essere rimasto ben poco di essa perché nell’Estimo di S. Giovanni d’Asso si parla di un semplice beneficio ecclesiastico goduto da un prete di nome Ser Fino e denominato “Pieve Vecchia”. A partire dal 1200 coesisteranno contemporaneamente sia la Chiesa di Santa Maria di Pava che quella di San Pietro a Villore, come dimostrano questi due atti che riporterò sotto:

(18 febbraio 1249) Maestro Masturcio del fu Leonardo lascia nel suo testamento un pezzo di terra in Valle d’Asso, in un luogo detto Magnattario alla Pieve di Santa Maria di Pava.

(dicembre 1246) Lambertino di Domenico fa testamento e lascia 12 denari alla chiesa di “S. Pietro in Villole”.  

La chiesa di “S. Pietro a Villole” comparirà anche nelle decime del 1278/1279 con la descrizione della sua ubicazione che viene detta essere “presso il Castello di San Giovanni”. Ma del toponimo di “Villore” o “Villole” si parla anche nel 1230 e 1231 in due contratti redatti in San Giovanni d’Asso:
“(1230, marzo 4) Marabottino di Guelfo, anche per conto di Guelfo suo fratello e di Ildobrandino di Ranaldo, vende a Ranuccio di Bartolomeo e a Donnello di Ribottino, 2 pezzi di terra in luogo detto Villore, per il prezzo di L. 4”.

(1231 agosto 3) Franceschino del fu Guelfo, vende a Ranuccio di Bartolomeo, che acquista per Donnello di Ribottino, un pezzo di terra in Villore in luogo detto al Piano, per il prezzo di Lire 4 e Soldi 5.

Veniamo ora alle cose straordinarie che ci sono state e che ci sono ancora nella chiesa o, come veniva chiamata, “Canonica” di S. Pietro a Villore. Partiamo da quello che non c’ è più! Un crocifisso di stile bizantino, del quale la chiesa conserva soltanto una copia, è attualmente a Siena nella Pinacoteca Nazionale, mentre dei due trittici scomparsi, quello più importante è attualmente al Museo degli Uffizi di Firenze.

Proveniente dalla collezione Contini Bonacossi è opera di Ugolino di Nerio (1320-1325 circa) e raffigura una Madonna col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo. Ma la vera attrazione di San Pietro in Villore sono i suoi resti architettonici, il portale, i capitelli, le sue sculture di rifinitura, la sua facciata e la sua cripta, tutto riconducibile ad un antico stile “romanico” particolarissimo perché risente sia di influssi lombardi che francesi. In particolare, le decorazioni sulla facciata sono tipiche del 1100 ed i motivi ricordano quelli di altre chiese toscane. Vi possiamo riconoscere in particolare le famose “palmette”, che oltre ad essere un decoro diffuso ricordano volutamente la “terrasanta”, le faccie o visi, che recenti ricerche sembrano indicare come simbolo della presenza di una confraternita o di fratelli che vivevano sotto una stessa regola o “canone”, (infatti questa era una “canonica”), la “sirena bicaudata”, simbolo del astinenza dal sesso, il leone, l’ariete, il grappolo d’uva, il nodo di salomone, il fiore della vita, l’uomo forte ecc… ecc… In particolare, al centro del timpano, una forma rettangolare con decori di viti e rosette, sembra essere il resto di un pluteo di epoca più antica, collocato posteriormente sulla facciata, così come uno dei capitelli della cripta sotterranea, diverso dagli altri e più antico di qualche secolo. Che siano i resti di una chiesa ancora più antica ubicata nel medesimo sito? Sono stati trasportati qui dall’antica Pieve di pianura che stava crollando? Non mi è dato saperlo. Questi simboli, così come le absidi ad archetti ciechi, le colonne, sono simili ad altre chiese del senese tra cui vogliamo ricordare: la Chiesa della SS.ma Trinità di Santa Mustiola di Torri (già esistente nel 1189), la chiesa di San Bartolomeo a Montefollonico, la Pieve di Corsignano, la Pieve di S. Stefano a Cennano (Castelmuzio-Trequanda), San Pietro in Campo, ma soprattutto l’Abbazia di S. Antimo.