Se c’è una città che rappresenta al meglio il perfetto equilibrio tra sacro e profano questa è Siena e lo fa da secoli e secoli. Anche nella sua festa più famosa, il Palio, la contaminazione tra fede e gioco, tra festa e preghiera è andata cementandosi con il passare del tempo fino a diventare uno straordinario ed unico corpo dove il confine tra la religione e la vita civica e pagana non è più distinguibile.
Anche il Corteo Storico che precede la corsa del Palio, può rappresentare in un certo modo, l’evoluzione di un antico modo di organizzare il popolo in una sorta di processione e sfilata allo stesso tempo. La cosiddetta “passeggiata” altro non è che l’antico modo di esibire in corteo le insegne delle proprie appartenenze, siano esse militari, di popolo, civiche e le cui origini si fanno risalire al quattrocento, poi alle “cacce” e ad altri giochi del Cinquecento e alle successive “bufalate” e “asinate” seicentesche.
La cosa che mi colpisce di più è la perfetta organizzazione di queste coreografie (che possiamo cogliere nei numerosi antichi dipinti giunti a noi dai tempi remoti) e che ritraggono queste sfilate dove numerosissime comparse sono perfettamente dirette da sapienti maestri di campo. In sostanza c’era una perfetta regia in grado di preparare, coordinare e supportare centinaia di persone con tempi e modi precisi in modo omogeneo, senza ingenerare nessuna confusione. A dire il vero c’erano contemporaneamente più registi (come del resto anche oggi per la passeggiata storica), delle regole preordinate e dei responsabili che le facevano imparare e rispettare con disciplina.
Se dunque parliamo di regole, rispetto, autorità e autorevolezza va da sé che un ruolo importante, almeno agli inizi di questo genere di cortei, devono averlo giocato le antiche Compagnie Militari, in grado di inquadrare i cittadini senesi in caso di chiamata alle armi. Ma un altro importante ruolo, lo giocarono senz’altro le Processioni religiose.
Anche queste si basavano su regole e avevano una regia altrettanto degna, basti pensare che in alcune processioni sfilavano migliaia di persone contemporaneamente.
Siena di processioni famose ne ebbe tante e qualcuna di esse è rimasta impressa in antichi dipinti come una indelebile foto che colpisce per la notevole presenza di religiosi (di ogni Ordine) e del clero secolare. Le processioni erano talvolta “straordinarie” e concepite per salvare la città dalle calamità più diverse che incombevano o che erano già avvenute come pestilenze, terremoti, tempeste di fulmini, carestie, guerre, per cui si invocava l’aiuto divino (in genere quello della Madonna), ma anche per ringraziamento di “favori” già ottenuti o ricorrenze particolarmente importanti come il Giubileo, le visite dei Papi, l’arrivo di reliquie di Santi e Beati, il trasporto in Duomo di opere d’arte sacra. Naturalmente la decisione e l’autorizzazione partiva sempre dal nostro Vescovo che stabiliva date, chi poteva partecipare e in che numero, visionava l’ordine e l’impianto della manifestazione. A volte dava il permesso per occasionali processioni di campagna per eventi straordinari quali invasioni di cavallette, siccità, inaugurazioni di chiese e conventi, traslazioni di fonti battesimali, eventi che in genere prevedevano la sola presenza dei fedeli locali e dei parrocchiani circonvicini.
Con la diffusione nello Stato senese delle Compagnie Laicali (Confraternite) la chiesa fu in parte sollevata da alcune incombenze (anche organizzative) e lasciò volentieri che esse si occupassero di molti aspetti altrimenti poco gestibili come la solidarietà tra i confratelli, il decoro delle chiese, la conservazione delle stesse, i funerali, le beneficienze (spesso doti alle fanciulle più povere). Queste Compagnie erano ispirate e fondate sui principi cristiani, legate territorialmente alla locale chiesa o oratorio, spesso intitolate al Santo stesso dove avevano sede. Costituivano con le loro divise (cappe) una sorta di “contrada” nella contrada, un’appartenenza. Nel loro organigramma, anche se formato da semplici cittadini, il prete manteneva sempre un ruolo di riferimento fondamentale (“Correttore”), garantendo che tutto il lavoro venisse svolto secondo i canoni religiosi.
Fu così che piano piano (e giustamente) anch’esse cominciarono ad avere un ruolo nelle processioni più importanti sfilando con pari dignità assieme al clero e agli Ordini religiosi della nostra città.
Un importante connubio tra chiesa e Compagnie Laicali ci fu nel secolo Sedicesimo (settembre 1561) quando i loro rappresentanti si riunirono nella chiesa di San Vigilio e “fecero Lega tra loro” stabilendo come ognuna di esse dovesse rispettare e festeggiare le solennità religiose più importanti. Questo portò (nel 1567) alla prima “Processione con pompa solenne” delle confraternite senesi che, con l’autorizzazione delle autorità ecclesiastiche e governative, ebbero il permesso di portare nella “domenica in Albis” (la prima domenica dopo Pasqua) o una insigne Reliquia, o un’immagine del Redentore e della Madonna, o di qualche Santo o Santa. Per la prima uscita venne scelto il Crocefisso di Santa Caterina che venne poi esposto in San Domenico.
Questa Processione annuale durò ininterrottamente fino al 1659, poi fu interrotta e ripresa nel 1681 per essere di nuovo interrotta e ripresa dal 1712 al 1785.
Ogni anno in sostanza, tutte le Compagnie senesi si alternavano (quattro alla volta) ai vertici di questa Lega e in accordo con i religiosi stabilivano quale reliquia portare in processione. In questo modo si accontentavano un po' tutte le confraternite.
Ad esempio nella domenica in albis del 1691 fu portato in processione il Corpo del Beato Franco dalla chiesa dei padri del Carmine e ritorno (stessa cosa nel 1735), nel 1736 furono portate in processione l’immagine e le reliquie di San Luigi Gonzaga della chiesa di S. Vigilio, nel 1738 la Madonna della Chiesa di S. Giacomo della contrada della Torre, nel 1739 la testa di Santa Caterina, nel 1740 la Madonna della Pace della chiesa e Compagnia di S. Giovanni in Pantaneto e nel 1741 il Crocefisso dell’Oratorio sotto l’Arco della Chiesa di S. Giuseppe dell’arte dei fabbri lignari e le reliquie del Beato Andrea Gallerani”.
Ovviamente le processioni, e in special modo quella della domenica in albis, erano anche l’occasione mondana di dare sfoggia dei vessilli, stendardi e divise della Compagnia nonché di litigare sull’ordine di sfilata o di regolare conti in sospeso e vecchie ruggini tra una confraternita e l’altra, ma anche tra un ordine religioso cittadino e l’altro. Un po' ciò che accade tra le Contrade.
Per questo non è raro trovare documenti nei quali si accenna a scazzottate e risse tra i partecipanti alla domenica in albis.
Ecco ad esempio come nel 1609 ci furono “incidenti, tumulto e rissa tra i Fratelli della Compagnia di S. Caterina in Fontebranda e i Frati di S. Domenico durante la processione con la testa di Santa Caterina”. Nel 1610 fu querelato il prete senese Panfilo Panfili per “aver schiaffeggiato il cimatore Marcantonio Puccinelli mentre passava la processione” e nel 1651 fu punito il prete Giovan Battista Cenni per “bastonate a Bartolomeo Mazzantini nel tempo della Processione con la Reliquia del Beato Giovannino”. Anche nel 1659 tale Fra’ Niccolò (frate del Carmine) fu processato per aver acceso rissa e poi percosso messer Quirico, sagrestano della Cattedrale, “quando passò la processione davanti alla Chiesa del Carmine”.
(Nell'immagine principale: Vincenzo Rustici, Sfilata delle Contrade in Piazza del Campo il 15 agosto 1546)