Secondo l’erudito Teofilo Gallaccini, vissuto nel XVI secolo, la Porta delle Sperandie si apriva nel cosiddetto settimo circuito murario di Siena, il penultimo in ordine cronologico di costruzione (l’ultimo fu il pezzo fatto successivamente per racchiudere entro le mura la Basilica di S. Francesco). Alla fine del 1500 questa porta era già murata e forse venne chiusa nel periodo dell’assedio di Siena che si concluse nel 1555. Secondo la sua descrizione la cinta muraria “…torcendo alquanto longo l’orto delle Monache di S. Marta, si allonga fin che dà luogo alla porta a San Marco, e passando più oltre riceve una porta, che fu murata, sopra la via delle Sperandie, e spingendosi avanti per la scesa, e per la salita del monte, giunge ove forma la Porta Tufi…”.
I resti di questa porta sono ancora oggi visibili lungo le mura (a sinistra uscendo da Porta San Marco). Le sue piccole dimensioni sembrano avvalorare la tesi che questo fosse un ingresso di secondaria importanza. Probabilmente era un accesso riservato all’utilità del vicino Monastero, che aveva sede dove oggi è la Caserma della Polizia di Stato. Anticamente questa porta veniva anche chiamata “Porta di Fonte Benedetta” perché la sua strada e cioè il proseguimento di Via delle Sperandie oltre le mura, portava ad una famosa fonte che così s’appellava e che si trovava più a valle.
Andando in senso contrario verso il centro della città, quella che oggi prende il nome di Via delle Sperandie inizia dalla sopra detta porta ed arriva fino alla chiesa di Santa Lucia (dei SS Niccolò e Lucia per l’esattezza) dove giunge fino ad un’altra antica porta denominata Porta Oria Nuova quasi scomparsa (i resti ad oggi sono rappresentati da un arco detto di Santa Lucia).
Le monache che diedero il nome alla Porta, alla via ed anche al quartiere che inizialmente era detto “Borgo Nuovo di S. Marco” erano originariamente dell’ordine benedettino. Il loro Monastero detto della “Visitazione” o delle “Trafisse”, ha origini antichissime, ma con buona probabilità non era ubicato nello stesso luogo, ma qualche decina di metri più a ovest. Anche il toponimo “Sperandie” che molti vogliono far derivare dalle suore, chiamate popolarmente “Spera in Dio” potrebbe avere diversa origine. Anticamente, circa nel 1273, in questa strada era stato fondato un Monastero femminile denominato di S. Agnese da una certa Santuccia da Gubbio. La Beata Santuccia era nata nella famiglia eugubina de’ Terrabotti, si era sposata e poi convertita con voto di castità al terzo Ordine de’ Servi della Beata Vergine sotto la Regola di S. Benedetto. Avendo molto seguito tra le giovani, fondò un primo monastero a Gubbio con altre suore e ne divenne la Badessa, ricevendo l’incarico dal pontefice di andare in altre città a fondare altri monasteri e a riformarne altri. A lei fu affiancata, da Papa Onorio IV, un’altra Monaca dello stesso Ordine di nome Sperandia, che sappiamo essere stata con lei in Siena intorno all’anno della fondazione del monastero di S. Agnese.
Le peripezie di queste suore furono notevoli tanto che il nome di “Monastero di Santa Maria della Visitazione o delle Trafisse” rende conto solo in minima parte del loro travagliato percorso storico. Il loro punto di arrivo è la sintesi di una fusione tra monasteri diversi di ordini religiosi differenti: quello di San Prospero (Cistercense) e quello di S. Agnesa (Benedettino).
Il Convento di S. Agnesa in San Marco si mantenne con lo stesso nome per molti secoli fino a che, a queste religiose, si aggiunsero quelle d’ordine cistercense di S. Prospero che provenivano inizialmente da Monte Cellesi, antico Monastero fondato nel lontano 1063 al tempo di Giovanni Vescovo di Siena.
L’unione ebbe luogo nel 1534, per ordine dell’Arcivescovo di Siena Cardinal Giovanni Piccolomini e non senza qualche opposizione, ma alla fine le religiose obbedirono ed il Monastero divenne di “S. Prospero e S. Agnesa” sotto l’ordine cistercense. Sempre in questi anni comperarono un vecchio palazzo con degli orti in via delle Sperandie, vicino alla porta S. Marco e vi costruirono un nuovo Monastero con una bella chiesa.
Di comune accordo, nel 1537, lasciarono il titolo dei Santi Prospero ed Agnesa, presero quello della “Trasfissione del Cuore della Vergine Immacolata” onde si dissero “Le Trafisse” ed il loro Monastero “della Madonna”. Nel 1810, con la soppressione napoleonica, furono cacciate dal loro luogo, ma nel 1815 vi ritornarono in numero di sessanta con l’aggiunta di altre religiose di altri Ordini e, per uniformarsi, adottarono l’abito nero. Nel 1864, il Governo le espulse nuovamente e concesse loro il collegio, detto “Rifugio”, dove rimasero fino al 1909, tempo in cui scadeva la concessione.
In seguito alle insistenti preghiere dell’Arcivescovo di Siena, Mons. Prospero Scaccia, la contessa Giuditta Piccolomini acquistò l’antico monastero delle Agostiniane, dette di S. Paolo: un vecchio palazzo in via delle Sperandie, a pochi passi dall’antico monastero ove si trasferirono.