Nel 1382 il governo di Siena fu costretto a prendere delle decisioni drastiche per far quadrare il bilancio che, dopo anni e anni di deficit doveva in qualche modo cominciare ad invertire la tendenza.

Tra le molteplici cause del dissesto, molto avevano inciso le scorrerie delle cosiddette “Compagnie di Ventura”, eserciti mercenari allo sbando che, a partire dal 1342, avevano bruciato, saccheggiato e, nel migliore dei casi, si erano allontanati solo dopo aver ottenuto un lauto riscatto dal Comune di Siena.

La prima di esse che si affacciò nel contado senese fu la Compagnia della Corona, al comando del Duca Guarnieri d’Urslingen, famosa per la sua ferocia, tanto che i suoi soldati la ostentavano con una scritta dorata sulla divisa di questo tenore: “nemico di Dio, di pietà e di misericordia”. I senesi ne furono assai spaventati e non si decidevano ad armarsi per ricacciarli.

Il Capitano di guerra fu costretto a richiamare gli uomini più volte sotto le insegne delle milizie cittadine, ma con scarso successo e allora “il Capitano della guerra di Siena fè porre il ceppo e la mannara a la porta a Camollia per dare timore a chi non voleva ubbidire” (Cronaca di Agnolo di Tura del Grasso). Mentre la città si preparava a dare battaglia però il governo senese decise di scendere a patti col nemico e sborsare 2852 fiorini d’oro. A questi eventi seguì la peste nera del 1348 con decine di migliaia di morti. Gli effetti sortiti da tale sciagura ed il conseguente calo della popolazione si avvertirono in ogni settore, ma soprattutto nelle campagne dove molti terreni rimasero incolti e “sodivi” per carenza di manodopera.  

Dopo la peste le cose nel territorio senese non migliorarono affatto sia perché ci furono ben due carestie, sia perché continuarono le scorrerie di altre compagnie di ventura, come quella di Frà Moriale nel 1354. Ci racconta ancora Neri di Donato (figlio) nella sua cronaca che “La Compagnia del Friere di Monreale sopradetto venne in quel di Siena di giugno facendo gran danno, scorrendo gran parte del Contado di Siena. Unde poi li Sanesi fero accordo colla detta Compagnia e questi ebbero dal Comuno di Siena fiorini 13324 d’oro per taglia, che uscissero dal Contado a dì 19 di Giugno.

Trascureremo di ricordare tutte altre compagnie che dettero il guasto sui domini della Repubblica fino al 1382, cioè fino all’anno in cui furono fatti i provvedimenti dei quali parleremo nella seconda parte di questo approfondimento. Elencheremo solo, per dovere di cronaca, la Compagnia del Conte Lando, quella di Giovanni Acuto, quella di Anecchino di Bongardo, la Compagnia Bianca, quella dei Bretoni detta del Cappello, che maggiormente contribuirono a dissanguare le finanze senesi.

Se le devastazioni riguardavano quasi esclusivamente i territori fuori dalle mura, anche in città le cose non andavano meglio ed aumentarono in modo considerevole i reati di ogni genere. 

Raccontano i cronisti dell’epoca che “per siffatte tribolazioni in ogni luogo derivò grande miseria e decadimento morale. Gli animi esasperati da quelle angustie, da quelle afflizioni, divennero sempre più egoisti e crudeli e accesi o violenti tra gli uomini proruppero gli odi, tanto che parve essersi spenta ogni virtù”.  La cronaca di Donato di Neri ci conferma che non c’era più pace nemmeno tra le mura dei conventi: “li frati di Sant’Austino uccisero con le loro coltella il loro provinciale a S. Antonio. In Siena ebbero ancora grande briga e uno giovane frate di Camporeggi uccise in Siena uno frate figliuolo di messer Carlo Montanini. A Assisi li frati minori combatterono e uccisero da quattordici con le coltella e quelli della Rosa di Siena combatterono e cacciorne da sei. Quelli di Certosa anco ebbero grandi dicensioni e venne il loro Generale e tutti li tramutò…. In Siena non s’intendeva né s’osservava lealtà, né i gentiluomini fra loro né con persone fuori di loro, né i Dodici tra loro né con altri fuori di loro. Il Popolo, cioè quelli che reggevano, tra loro né con altri perfettamente et così il mondo è una tenebra”.