Ci eravamo lasciati con un elenco dei provvedimenti che il comune di Siena prese nel 1382 per risanare le proprie finanze. Tra questi la revisione degli “stipendi” dei funzionari come il camerlengo e gli scrittori che avrebbero avuto da ora in poi al massimo trenta fiorini a semestre, ma anche quelli dei provveditori, esecutori, regolatori, doganieri e savi dei Pupilli.

 

Dipinto all'interno del liber censorium

 

Naturalmente il risanamento prevedeva restrizioni anche in altri campi, ma anche nuove entrate. Fu deciso infatti di equiparare gli abitanti delle Masse (area immediatamente fuori dalle mura cittadine che si estendeva per un raggio di circa 12 chilometri) che per qualche tempo (anche pochi mesi) avessero abitato in città, ai cittadini veri e propri. Fu un modo per dare la cittadinanza senese ad un numero maggiore di persone, una sorta di sanatoria o regolarizzazione facendo pagare loro una nuova tassa di Libre 15.

Si provvide pure alla revisione delle gabelle d’entrata, cioè a quelle tasse applicate alle merci che entravano in città. Fu così che lo zafferano, ad esempio, per il quale si pagava un dazio di due soldi alla libbra, da adesso in poi si sarebbe pagato quattro: “considerando che del zaffarano si pagano due soldi overo in quel torno, per ciaschuna libbra a peso per lo mectere ne la città o contado di Siena, e comunemente a tucti cittadini pare piccola kabella, providero adomqua che si paghino al comune di Siena soldi quactro di denari per ciaschuna libra a peso per lo passo”.

Così accadde per molte merci come il salsume, cioè derivati del pesce sotto sale come la tonnina, le acciughe e le sardelle.

Per quanto riguarda le bestie transumanti, benché fossero solo di passaggio nel territorio senese, dovevano adesso “essere denunziate al Camerlingo de’ Paschi sotto pena” e pagare l’adeguata gabella. Ed anche il legname fu tassato perché i boschi venivano considerati proprietà del Comune di Siena e, specie nelle maremme, essi costituivano un’entrata redditizia per i boscaioli: “Considerando che le selve o boschi di Maremma sono del comune di Siena, e alquanti tolgono e portano via legna per loro utilità e neente pagano al comune di Siena di talli legna; pertanto providero che qualunco tallierà legna ne la selva di Montorgiali o di Monteano o nel Tombolo, paghi per kabella al comune di Siena, cioè al camarlingo de’ Paschi per lo comune di Siena”. La cifra stabilita fu di XX denari per bestia e X soldi per ogni carrata (cioè a seconda se il trasporto avveniva con animali o semplicemente con il carro).

Altri provvedimenti interessanti furono quelli riguardanti gli accorpamenti degli uffici, come quello della Grascia che si fuse con l’ufficio dei Paschi. Il grasciere era colui che controllava la qualità della carne e ne fissava il prezzo di mercato: “considerato che l’uficio de’ grascieri si può commodamente fare per lo camarlingo e uficiali de’ Paschi, e mellio si crede ch’ e’ si farebbe per loro e a maggiore abondanza di carne; pertanto providero ancora acciò che si levino le spese, che l’uficio del grascere sia unito all’ uficio de’Paschi”.

Naturalmente si pensò anche a prevenire i danni causati dalle carestie ordinando che ci fossero sempre delle scorte di grano in grado di sopperire alla fame dei cittadini. Ecco allora il provvedimento: “che lo Spedale a petitione del Comune tenga mille moggia di grano”, cioè si ordinò all’Ospedale Santa Maria della Scala di accantonare una scorta di grano “a petitione delli uficiali del Biado, ciascuno anno mille moggia di grano per lo popolo di Siena. E abbia esso Spedale, quanto li uficiali del biado esso grano pillieranno, quello prezzo che allora varrà dal comune di Siena”.