In attesa di un'alba diversa. Già, ma quando? Ci dicono di aspettare: "Chi dice che egli è dura cosa l'aspettare, dice el vero!" si legge nella Mandragola.
A me il tutto fa l'effetto di essere come estraneo al contesto quotidiano. In queste notti bianche, come pallide notti del nord, il sole, posato sull'orizzonte come un ramo di gerani sul davanzale, si spegne a poco a poco nell'argentea nebbia lunare. La magia di questi crepuscoli interminabili mi prende il cuore.
Dalla finestra, unico spiraglio sul mondo, sorge sui monti lontani la luna, l'attesa smemorata luna, inclina il viso sui tetti della città, si specchia, con la grazia funebre della Salomè wildiana intenta a guardare, sull'alta terrazza di Erode, un languido viso affiorante dalla curva profonda del cielo.
La notte è chiara, distratta e delicata. Un lontano latrare mi suona al cuore come una voce amica, risveglia dentro me gli inquieti sogni di un tempo, cani neri galoppano verso la candida prora dell'alba.
Si destano di soprassalto le mute nei canili, mordono le sbarre di legno, graffiano la porta con le unghie impazienti. E mi immagino, oltre le case e nello sprofondo del verde adesso blu, lepri, conigli e cervi sul limitare dei boschi.
Questo è tutto quello che oggi mi posso permettere.
L'insonnia, è una dea dal passo leggero e dalle mani lievi come ali di farfalla, venuta a spalancare la mia finestra col gesto cauto di chi apre le pagine di un libro. "Chi dice che egli è dura cosa l'aspettare, dice el vero!"