Stanotte passava "A Venezia... un dicembre rosso shocking" (Don't Look Now), film del 1973 diretto da Nicolas Roeg. Io amo Venezia e parlare di lei davanti a un buon bicchiere di vino.
 
 
Credo che sia magnifica l'idea di mascherare con l'horror, perché di horror si tratta, la crisi di una coppia per la morte del loro figlio. Intanto c'è un evidente approccio impressionista nelle immagini, basterebbe la inquietante scena finale del funerale con i pochi colori di una Venezia invernale, che poi ci spiega gran parte della trama. Più in là non vado perché lo dovete vedere, soprattutto se detestate il genere, sarà come trovare piacere, da veri astemi, ad una sana bevuta. Mi soffermo invece, tralasciando le interpretazioni di Julie Christie e Donald Sutherland e le musiche poco manierate di Pino Donaggio, sulla Venezia che ci appare. E' una visione vera di Venezia che è una città senza cielo, specie di notte. Il famoso cielo è un invenzione bella e buona dei pittori veneziani. Non c'è città dove il cielo sia così breve, squallido, povero, è un frammento consumato agli orli come un vecchio fazzoletto di cotone. Quel po' di cielo che c'è a Venezia lo vedi specchiato nella laguna, e nelle facciate delle case e dei palazzi del Canal Grande, è un cielo spaurito, povero, esangue. Per me è un cielo di carta. Sembra fatto di pelle umana: chi lo guardi da vicino, chi passeggi sui tetti delle Procuratie, o salga sul campanile o si stenda sul dorso del tetto del Palazzo Ducale. Tutto segnato da piccolissime rughe concentriche, simili alle impronte digitali. Sembra proprio di pelle umana. Soltanto in certe mattine sembra una tela già preparata per il pennello di un pittore. Di trama larga, attraverso la quale vedi l'aria grigia di una soffitta, con quel po' di luce sporca che han le soffitte. Per questo il film in questione è qui di casa: San Nicolò dei Mendicoli è lo sfondo migliore per onorare una sontuosa sceneggiatura: solo i Cristi bizantini ci danno l'idea che Cristo possa aver avuto, almeno una volta, paura di qualcosa.